Zoza: in tanti avranno sentito questo termine, così breve e diretto ma quanti, pur usandolo (magari perché napoletani) ne conoscono la vera identità storica e culturale?
Zoza: storia, utilizzi e significato
Sull’origine di questo vocabolo si racconta che alla fine del ‘700 le salse preparate dai cuochi francesi a Napoli non fossero molto buone e dunque poco apprezzate dal popolo, considerate una schifezza non commestibile addirittura. Il termine sauces, storpiato in sos e poi in zoza, divenne sinonimo di cosa (ed anche persona) ripugnante, disgustosa. Il termine dialettale oggi ha ampia diffusione, fino a diventare un epiteto offensivo: “si’ ‘na zoza! che significa “sei una schifezza”.
Ecco dunque che il termine zoza ha ottenuto oggi larga diffusione, entrando a far parte del patrimonio dialettale napoletano.
Dal punto di vista linguistico, nonostante molti filologi e studiosi fino a qualche anno fa ritenessero che il termine potesse derivare da una locuzione latina, diverse analisi etimologiche recenti hanno dimostrato l’appartenenza francese di zoza. Detto ciò, è bene precisare che l’appellativo (utilizzato anche in senso dispregiativo) non si rifà alla zòza, termine dialettale toscano, ma è semplicemente un adeguamento dialettale (mediante l’eliminazione di una Z e cambio di accento della o tonica, chiusa nel toscano e aperta in napoletano) della zózza toscana;
Nell’uso comune si può facilmente ascoltare: “Che zòza”, oppure “Sti maccarune so’ na zòza”; se invece il termine si riferisce ad una persona, denota poca igiene e l’espressione diventa: “T’sie fatto na zòza!” o, ancora peggio, viene utilizzato come locuzione piuttosto offensiva per indicare colui/colei che è moralmente ributtante: “Sie na zoza!”.
Il dialetto napoletano tra passato e presente
Sono tanti i termini entrati a far parte di diritto della lingua napoletana o meglio, del dialetto napoletano.
Aggettivi, aforismi, vere e proprie frasi, appellativi, tra questi tutti avranno sentito almeno una volta il termine zoza.
Ricordiamo inoltre, che esiste anche un celebre esempio letterario e culturale che testimonia la grandezza ma anche l’importanza del dialetto napoletano.
La favola de Zoza” è tratta da “Lo Cunto de li Cunti” di Giambattista Basile, il più antico libro di favole europee, da cui prenderanno le mosse tantissimi commediografi partenopei. Persino Goldoni, nella sua riforma del teatro, trarrà spunto dal Basile, quantomeno per quanto concerne la lingua e l’argomento trattato.
La favola in questione non ha mai perso il proprio fascino, proprio come alcuni termini della tradizione linguistica napoletana. Zoza, pur essendo un appellativo che non indica qualcosa di positivo, fa parte di questo immenso patrimonio sociale e culturale, con uno sguardo al passato storico della città.
L’identità di alcuni termini, o come si direbbe in linguistica, i cosiddetti tratti soprasegmentali di alcune accezioni dialettali, servono a porre l’accento sulla grandezza e veridicità di una lingua, il napoletano, che non smette mai di stupire, adattandosi a situazioni, episodi, avvenimenti e quant’altro.