Quando parliamo della storia di Roma, non può non richiamarci alla memoria la figura di Giulio Cesare, indiscutibilmente tra i più grandi personaggi della storia dell’uomo, non solo per le capacità militari e politiche di questi, ma anche perché ha messo le basi di una delle istituzioni più grandi della storia universale, come l’Impero Romano.
Ma, l’ascesa di Cesare, resa immortale negli otto anni della spedizione contro le Gallie, ha un solo nemico che si impose dinanzi all’astro del Divo Giulio, Vercingetorige .
Quando si affronta una figura del calibro di Vercingetorige, moltissime sono anche le leggende legate alla medesima personalità, ritenuta in Francia addirittura prima del mostro mitologico Meroveo, e soprattutto di Clodoveo, capostipite della dinastia merovigia e re dei Franchi che grazie alla coesione politico-territoriale creata è ritenuto quale fondatore della stessa patria francese, ma solo successivo al leggendario guerriero che contrastò l’avanzata di Giulio Cesare.
Vercingetorige, capo della resistenza gallica contro le forze romane durata otto anni, creando quella coesione, da sempre assente alle varie tribù galliche .
Ma, le capacità detenuta da questi, non erano dovute alle varie credenze del mondo germanico, bensì all’apprendistato avuto da questi presso gli eserciti romani, in cui militò come ausiliario.
Lo stesso storico romano Cassio Dione, riferisce addirittura di rapporti di amicizia e di stima reciproca con lo stesso Giulio Cesare, avallando e giustificando l’ipotesi da parte degli studiosi contemporanei che l’evento generante le spedizioni nelle Gallie, legato al massacro di Cenabum da parte dei carnuti verso i funzionari romani, sia stato orchestrato ad artem per consentire l’avvento politico-militare di Cesare.
Ciò nonostante l’evento scatenò un mero protonazionalismo gallico, manifestandosi attraverso una serie di sollevazioni, in cui proprio la figura del condottiero, capace di guidare alla riscossa i Galli , fu impersonata da Vercingetorige.
Proveniente dall’area centrale dell’attuale Francia, Vercingetorige, apparteneva alle tribù degli Arverni e proprio partendo da un piccolo nucleo, creatosi tra i suoi luoghi natali, riuscì attraverso l’arruolamento di uomini di basso ceto, progressivamente partorì un mero e proprio esercito, legando a sé molteplici tribù.
Come evidenzierà lo stesso Tacito nella Germania in un secondo momento, le capacità belliche presso le popolazioni germaniche erano ritenute in grande considerazione.
Insieme alla capacità di creare un collagene tra le varie tribù, alla sua figura va allegata anche quella di detenere una grande capacità nell’esercitare il potere, soprattutto attraverso la severità e l’inflessibilità, come testimoniano i vari episodi noti contro cospiratori e gli insubordinati.
Ma allo stesso tempo va allegata la fierezza di una figura, che anche dinanzi alla sconfitta, conseguita nello scontro decisivo con le forze romane di Cesare presso Alesia, l’attuale Borgogna.
Vercingetorige, infatti, dinanzi all’assemblea degli anziani, ammise la gravità della situazione, accresciuta per la carestia presenti in molte aree delle Gallie e la disfatta dell’esercito presso Alesia, a cui nemmeno i rinforzi poterono rinsaldare le forze, adottando quindi la via delle dimissioni e prostrandosi dinanzi al vittorioso proconsole romano.
La resa di Vercingetorige è stata tramandata proprio dallo stesso Giulio Cesare nella sua opera più celebre, De Bello Gallico, in cui ritrae l’immagine del condottiero gallico in modo del tutto nobile e fiero, con equipaggiamento e cavallo bardato, facendo un giro intorno alla postazione del condottiero romano ed infine scendere da cavallo e deporre in segno di soggezione, le armi e l’armatura ai piedi del proconsolo latino, totalmente in silenzio.
Al di là della fine tragica avvenuta al mitico eroe gallico, Vercingetorige nell’Ottocento romantico è divenuto l’exemplum dell’eroe nazionale che combatte per la libertà contro la tirannica straniera e difensore del suolo patrio.
Analoghe figure hanno avuto lo stesso corso nel processo di creazione di molti stati nazionali nel XIX secolo, come la figura di Arduino d’Ivrea, ritenuti da molti storici dell’epoca tra i fondatori dell’idea di Italia Unita territorialmente e politicamente.