In occasione degli eventi di presentazione della sua collana umoristica intitolata “Veni, vidi, risi” Stefano Sarcinelli ha gentilmente concesso un’intervista ai microfoni della testata giornalistica online XXI Secolo.
Note biografiche
Stefano Sarcinelli nasce a Bari, il 13 gennaio del 1960. Egli esordisce all’età di 17 anni in teatro, come attore ed aiuto regista con Nello Mascia e poi con Mariano Rigillo, Annibale Ruccello a Napoli e Franco Parenti ed il Teatro dell’Elfo a Milano. Debutta allo Zelig con il partner lavorativo che lo accompagnerà per gran parte della sua carriera, Francesco Paolantoni. Nel 1987 giunge in TV, negli anni ’90 conduce programmi per ragazzi. Egli lavora anche in radio, sia come speaker che come autore radiofonico, vincendo anche un telegatto come migliore varietà per un proprio programma. Dalla seconda metà degli anni ’90 si è dedicato alla carriera di autore televisivo, giungendo solamente recentemente a svolgere impieghi che lo rivedessero sulle scene. Recentemente ha commentato Takeshi’s Castle per GXT con Marco Marzocca e ha fatto da spalla a Max Tortora in La grande notte su Rai 2. Dal 2007 al 2008 ha condotto assieme a Marco Marzocca il programma Gamebuster, sempre su GXT. Tra le trasmissioni di cui egli è autore ricordiamo Stracult Show 2009 di Marco Giusti, alla quale prese parte impersonando Roberto Giacobbo in coppia con Nicola Vicidomini. Dal 2016 è co-autore del programma televisivo Stasera tutto è possibile condotto da Amadeus. Quest’estate ha condotto una trasmissione radiofonica estiva su Radio 2 Rai con Marco Marzocca “Italiani in Continenti”.
L’intervista
Di seguito l’intervista rilasciata gentilmente da Stefano Sarcinelli ai microfoni del XXI Secolo:
– Signor Sarcinelli da dove nasce l’idea di una collana umoristica?
«È stata un po’ l’idea dell’editore perché in questi ultimi anni i libri hanno subito una grande trasformazione, sia dal punto di vista fisico, perché sempre di più si scaricano e si leggono gli ebook, cioè i libri in piattaforme digitali, mentre invece il cartaceo ha subito una sorta di involuzione. Secondo le statistiche si stampano sempre tanti libri, ma la gente ne legge sempre meno. Rimane il fatto che il libro è un oggetto che rappresenta per molti ancora quasi un amico, quindi una presenza nella propria casa, sul proprio comodino, tra le proprie braccia, nelle proprie mani, nella propria borsa, quando si viaggia, quando si è in metropolitana. Quindi a maggior ragione la lettura di un libro che abbia in sé un contenuto comico, umoristico e ironico è ben accetta da molti di coloro i quali continuano a preferire i libro cartaceo al digitale. Mancava un po’, da tanti anni, questa opportunità di avere una collana specifica che si occupasse di umorismo e di comicità, che io non intendo soltanto legata ai personaggi che hanno passato la televisione, come comici o come volti famosi, ma una collana che è anche alla ricerca di talenti nascosti, di nuove proposte di giovani o anche meno giovani, ma che comunque si affacciano per la prima volta a questo mondo e vogliono scommettere sulle loro capacità di scrittori.»
– Da cosa deriva la scelta di creare una collana di libri piuttosto che uno spettacolo teatrale?
«In realtà io soddisfo entrambe queste esigenze, cioè penso che, nonostante sia molto pigro, cerco di sfruttare tutte le opportunità che questa bellissima professione mi offre. Quando incontro delle persone con le quali stabilire un nuovo orizzonte, una nuova sfida personale come questa, non mi tiro quasi mai indietro. Sarà un mio difetto, ma reagisco così. Cerco quindi di trovare il tempo, ma soprattutto l’entusiasmo, per poter fare entrambe le cose.»
– Da dove deriva la scelta di accostare, a volti noti della comicità italiana, nuovi personaggi?
«È una questione legata, come già detto, alla filosofia di partenza di questa collana, cioè, appunto, il guardare avanti.
Come sarà l’umorismo da qui a vent’anni, a quindici anni?
Come saranno i lettori e cosa vorranno leggere per nutrire il proprio spirito attraverso il frutto e il cibo dell’ironia?
Lo faccio perché non è detto che sia soltanto una questione anagrafica, ad esempio abbiamo pubblicato un libro di Felice Andreasi, che è un grandissimo autore e un artista in tutti i sensi, che ha imperversato nelle televisioni italiane, nei teatri e nelle gallerie d’arte, perché era anche un pittore negli anni ’70, che secondo me è attualissimo. Nonostante abbia scritto, appunto, un bel po’ di anni fa, i suoi monologhi, i suoi sketch, le sue poesie, ci riguardano ancora oggi. Mischiare queste due cose, sempre con uno sguardo al nostro presente, al nostro quotidiano, è una delle cose che più m’intrigava fare.»
– Crede di essere riuscito, in qualche modo, a creare nuovi autori umoristici?
«Ancora non lo so. La collana sta andando da neanche un anno, quindi forse è ancora presto per effettuare dei bilanci. Sicuramente ho cercato di raccogliere le esigenze di qualcuno, ed in parte le ho anche soddisfatte, perché negli incontri di presentazione dei volumi che abbiamo effettuato, ed anche in alcuni convegni che stiamo facendo proprio in questo periodo, c’è una grande partecipazione, c’è un grande interesse e c’è una voglia di farsi carico, di scoprire queste nuove personalità. Ciò, quindi, lascia ben sperare.»
– Quale crede sarà la risonanza della sua collana sul pubblico italiano?
«Beh, innanzitutto non è la mia opera, ma è l’opera di tante persone. Io me lo auguro, faccio quello che posso proprio per far si che questo accada. Poi, si sa, siamo tutti sotto il cielo!
Non è detto che una cosa succeda, o che succeda nell’immediato, quindi io ci metto tutte le energie che possiedo e ci credo. Vado avanti, ecco.»
– Come definirebbe la comicità contemporanea?
«Sono sempre un po’ spaventato dalle definizioni, anche se è quello che poi io chiedo agli autori, cioè di pubblicare proprio una loro definizione di comicità, è molto bello perché ognuno di loro parte da un concetto che però ha un grande senso, perché appartiene alla propria esperienza.
Io credo che la comicità, in questi ultimi anni, abbia subito una sorta di appannamento, soprattutto da parte dei media, perché probabilmente ha assunto le caratteristiche di uno spauracchio, quasi spaventa, soprattutto la classe dirigente, che per la debolezza attuale si sente messa sotto accusa da una semplice battuta, o da uno sguardo che non sia rassicurante. La comicità è un po’ come l’acqua, si insinua nelle fessure della roccia e la erode. Questa forza fa un po’ paura e quindi si tende a darle meno spazio, appunto nei media, però è un’arte, secondo me. È un’arte che quando tocca i livelli di alcune figure tipo Totò, tipo, anche nel teatro, Eduardo De Filippo, con figure di questa dimensione, diventa un’arte intramontabile, ecco.»
La redazione del XXI Secolo ringrazia il signor Sarcinelli per la disponibilità e per la gentile concessione dell’intervista, svoltasi all’insegna della cortesia.