Alcuni numeri, intrecciati tra loro, creano delle date, a volte davvero rappresentative, le quali rivelano momenti ed attimi considerevoli nel corso della storia: avvenimenti memorabili, nascite e anche declini. Ma la la letteratura e alcuni colossi di essa, non scompaiono e mai potrebbero farlo. Un gigante della cultura letteraria italiana porta la firma di Ugo Foscolo, defunto proprio oggi 10 settembre ma di circa 173 anni fa, precisamente nel 1827.
“Forse perché della fatal quiete, Tu sei l’imago a me sì cara, vieni o sera!…”. Ed è proprio così che Ugo Foscolo probabilmente vide avvicinarsi la morte, con quell’aspetto cupo e tetro, pronta a catturarlo e portarlo via dal borgo di Turnham Green, dove si era trasferito dopo aver subito due operazioni fallimentari, le quali altro non fecero che peggiorare le sue condizioni già critiche. Fu schiacciato da una tubercolosi miliare, che lo ha divorato tra le braccia della sua creatura, sua figlia, la quale lo accudì fino agli ultimi attimi lontano dalla sua patria, Zante.
Ugo Foscolo è stato, senza ombra di dubbio, uno dei più importanti esponenti letterari italiani del neoclassicismo e del romanticismo. Nato a Zante, terra amata in modo sproposito, all’epoca della Repubblica di Venezia, trascorse la sua esistenza tra viaggi e vere e proprie fughe, accollandosi su di sé l’intero carico emotivo della condizione dei fuggiaschi.
Dopo la morte del padre, si trasferisce con la madre e i fratelli a Venezia, che Ugo Foscolo considererà sempre come la sua seconda patria. Qui incomincia a frequentare i salotti e aristocratici, venendo a contatto con gli ambienti repubblicani e illuministi, i quali saranno di vitale importanza per la formazione delle sue idee politiche. Questi incontri saranno fondamentali e d’ispirazione anche per le sue liriche e per la tragedia “Tieste“.
Scrisse numerosi componimenti poetici, svariate opere teatrali, numerosi ed illustri saggi filosofici e di natura politica, con l’aggiunta di due romanzi. Il primo autobiografico “Sesto tomo dell’io“, rimasto incompiuto e il secondo intitolato “Ultime lettere di Jacopo Ortis“, costituito da una struttura epistolare.
Quest’ultimo, infatti, è considerato il primo esperimento di romanzo epistolare italiano. Ispirato ad un avvenimento di cronaca realmente accaduto, durante l’arco esistenziale di Ugo Foscolo, il suicidio di un giovane studente universitario, originario della provincia di Pordenone. Il romanzo è formato da 67 lettere, che il protagonista Jacopo Ortis spedisce al suo caro amico Lorenzo Alderani. Dopo la morte del giovane alunno, le missive sarebbero state pubblicate, con una presentazione e una conclusione dello stesso amico.
In vita, dopo le delusioni dei suoi principi patriottici, di libertà e di giustizia, Jacopo Ortis decide di andar vivere in solitudine sui colli Euganei. Lì va incontro ad un vortice di emozioni, che lo avvolge e lo fa innamorare di Teresa; ella è già promessa sposa di un giovane rampollo, molto educato e benestante, di nome Odoardo. Il tormento per l’amore sofferto ed impossibile lo porterà ad allontanarsi dalla donna amata e a vagare per diverse città. Esausto e affannato, però, per i diversi spostamenti e per la mancanza di altri progetti concreti per salvare la sua patria, è così che Jacopo farà ritorno in Veneto. Qui scoprirà anche il matrimonio di Teresa. Il dolore e la sofferenza, i quali lo inghiotteranno, lo porterà al gesto estremo del suicidio.
La morte può essere vissuta come una sfida estrema da fronteggiare con audacia e con spirito di sacfricio, come dimostra l‘Ettore in battaglia presente nei “Sepolcri” o come un rifugio, nel quale riposare dai mali della vita. Quella “fatal quiete” era già apparsa ai grandi che lo precedettero, in Petrarca come il porto in cui approda la nave di un’esistenza bastonata. Per Foscolo su quella riva non intravede nessuna ricompensa, o come meglio descrisse lui il “nulla eterno”, questa è la sua espressione per descrivere l’aldilà. Foscolo si inserisce nel filone settecentesco dei poeti inglesi “sepolcrali”, come lo fu Thomas Gray, ma esprime un forte materialismo: per cui tutto nasce ed è destinato a morire, continuamente.
Ma tu no caro Ugo, tu sei destinato a vivere per sempre, non tanto materialmente, ma sarai impresso nella letteratura, un segno indelebile, impossibile da cancellare. La tua cultura è al nostro servizio, con la speranza di sfruttare ogni tua nozione!