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Uber, chiusa l’inchiesta sui riders

L’inchiesta della Guardia di Finanza, il 29 maggio avevano portato il Tribunale a disporre con un provvedimento mai preso prima nei confronti di una piattaforma di delivery riders Uber Eat, dopo la prima parte dell’inchiesta sullo sfruttamento dei rider impiegati a Milano nella consegna a domicilio del cibo. Dieci gli indagati, stralciata la posizione della società che il 22 ottobre dovrà affrontare un’udienza alla Sezione misure di prevenzione.

Proprio con il lockdown primaverile e l’impennata di richiesta delle consegne a domicilio le condizioni dei corrieri di Uber Italy si sarebbero inasprite, non contemplando ovviamente per i lavoratori la possibilità di chiedere e ottenere dispositivi anti-Covid pure considerati essenziali come le mascherine.

Un sistema per disperati” tra tenere sotto traccia e non raccontare all’esterno.

Così definiva una manager di Uber Italy il metodo di reclutamento e le modalità di lavoro dei rider.Il messaggio è riportato nell’avviso di conclusione delle indagini, “venivano sottoposti a condizioni di lavoro  dalla fascia oraria e pertanto in modo sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato”. Venivano anche ‘derubati’ delle mance che i clienti “lasciavano spontaneamente ai riders quale attestazione della bontà del servizio svolto. E ancora attraverso una arbitraria decurtazione del compenso pattuito, qualora i riders non si fossero attenuti alle disposizioni impartite. Nell’atto la procura ha riportato anche un “prospetto” per mostrare la paga settimanale rapportata alle ore lavorate per alcuni rider. Uno di loro per una settimana di lavoro a maggio per un totale di 68 ore di consegne aveva incassato soltanto “179,50” euro e aveva subito un “malus”, ossia una decurtazione di 24,50 euro.