Si conclude mestamente la stagione europea delle squadre italiane che nelle due semifinali di Champions ed Europa League non piazzano club e spiazzano anche i più pessimisti tra gli opinionisti che pronosticavano almeno l’ammiraglia Juventus collocarsi, nel peggiore dei casi, tra le prime quattro della sua competizione. I fatti nudi e crudi ci spiattellano sulle nostre facce incredule che nemmeno Cristiano Ronaldo è riuscito a fare da bastone alla vecchia signora nel vecchio continente, che non riesce a superare l’ostacolo “quarto” e rimane li, a festeggiare il beneamato e “sudatissimo” ottavo scudetto con le maschere da martedì grasso ed il cuore da mercoledì delle ceneri. L’uscita perentoria dalla prima fase della “vecchia” Coppa dei Campioni di Napoli e Inter e successivamente, ad opera del Porto, della Roma agli ottavi, non induce a sogni di gloria nell’immediato futuro, perchè le delusioni sono arrivate anche dalla vecchia Coppa Uefa nella quale il Milan è stato eliminato nei gironi da una squadra greca (Olimpiakos) e Lazio, Inter e Napoli rispettivamente da Siviglia, Francoforte e Arsenal. Ieri, lo sconcertante scenario lo hanno chiuso gli azzurri partenopei, con una prova, che forse poteva portare ad una vittoria contro il Chievo o il Frosinone (con tutto il rispetto per queste due belle realtà di provincia), ma che non poteva nemmeno lontanamente preoccupare i “gunners”, che sono stati i padroni del passaggio di turno in tutti i centottanta minuti di questa doppia sfida. Si trattava di un confronto fra la seconda incontrastata della serie A italiana e la quinta della Premier inglese che non è affatto sicura di centrare l’obiettivo di una qualificazione Champions. Questo, per dare un idea della differenza tra due movimenti calcistici nei quali la squadra che retrocede in Inghilterra prende, con i diritti televisivi, più soldi della squadra campione d’Italia. La sufficienza con il quale il nostro calcio è governato viene messo a nudo con la semplice osservazione di questi dati a cui va aggiunto il noioso andamento del campionato nazionale, schiavo (in tutti i sensi), di una sola compagine proprio come avviene nei campionati di terza fascia, tipo Bielorussia (Bate Borisov) e Scozia (Celtic). Un torneo che rischia di danneggiare tutte le compagini, anche la stessa Juventus che sembra passeggiare sul velluto entro i patrii confini e impattare scalate impossibili quando si affaccia all’estero. Da non trascurare, infine, l’aspetto tattico; sono troppi gli allenatori italiani ancorati all’assioma del “primo non prenderle” che tanto male ha fatto negli anni settanta all’immagine del pallone nostrano ed alcuni di questi accomunano, addirittura in modo spregiativo, il bel gioco ad un circo. Non ci dobbiamo meravigliare se una banda di ragazzini terribili danno lezione di calcio al mister strapagato di una squadra che fattura quasi 500 milioni e che può contare sul miglior giocatore al mondo. Oltre i confini d’Italia chi gioca bene di solito vince.