Chi ha amato L’attimo fuggente, sicuramente apprezzerà The Holdovers che tuttavia si discosta dal film cult del 1989 con Robin Williams: il nuovo lungometraggio girato da Alexander Payne si rivela molto meno retorico e ideale. The Holdovers punta al realismo, alla malinconia di coloro che vengono lasciati indietro e non si esime dal mostrare i difetti e le debolezze dei suoi personaggi. Dopo circa 20 anni passati da Sideways- In viaggio con Jack, Alexander Payne e Paul Giamatti collaborano di nuovo e questo sodalizio si rivela ancora una volta molto fruttuoso: il film si è aggiudicato due Golden Globe (Miglior attore a Paul Giamatti e Migliore attrice non protagonista a Da’Vine Joy Randolph) ed ha ricevuto ben cinque nomination agli Oscar 2024.
La lezione- La trama del film
The Holdovers è stato definito da molti “cozy”(accogliente) per la sua ambientazione (un liceo durante il periodo natalizio), per i suoi attori e per il periodo (i nostalgici anni ’70), ma questa è solo l’apparenza di un film che vuole essere molto di più: al centro dello svolgimento ci sono tre personaggi, anime perse nel dolore: Paul, un intransigente professore odiato da tutti (sia studenti che corpo docente), Angus, uno studente scapestrato, troppo scomodo per la madre che sta cercando di rifarsi una vita e infine, Mary una capocuoca che di recente ha perso suo figlio in guerra. I tre si ritrovano controvoglia a dover condividere insieme le feste natalizie, scoprendo così parti dell’altro che mai avrebbero immaginato, un’indagine che continuerà nella seconda parte del film con il viaggio a Boston, soprattutto per quanto riguarda i due protagonisti maschili. I personaggi principali, per quanto diversi tra loro, sono entrambi imprigionati nel proprio dolore, una sorta di penosa zona franca dove in qualche modo avviene il dialogo: il professore ha visto il proprio futuro sgretolarsi a causa dei privilegi dei più benestanti, condannato (oppure si è autocondannato?) a rimanere al liceo di Barton, una gabbia dorata e amata, ma che imprigiona lo stesso. Difficile è anche il rapporto con le donne, condizionato dalla Trimetilaminuria, una condizione genetica che fa puzzare come di pesce chi ne soffre. Angus risulta antitetico rispetto a Paul, sprizza giovinezza da tutti i pori, un giovane brillante che tuttavia soffre per la propria condizione di abbandono e la nostalgia del padre: Angus desidera quell’atmosfera festosa e spensierata che ritrova durante il party natalizio e per questo motivo ruba la palla di neve, quasi come a volersi appropriare di quel clima familiare sereno che a lui manca. Il punto di unione tra Paul e Angus è proprio questo: due personaggi di temperamento e generazioni diverse prendono e nascondono le stesse medicine con cui riescono ad affrontare un male di vivere fastidioso e ingombrante.
Fuori l’aula- com’è stato realizzato il film?
Sei anni fa, David Hemingson ha scritto una sceneggiatura autobiografica ispirata agli anni che ha trascorso in una scuola ad Hartford, nel Connecticut: i suoi genitori avevano divorziato e il padre insegnava in quella scuola. Nello stesso tempo Alexander Payne stava cercando un nuovo progetto. Un amico in comune mise in contatto il regista e lo sceneggiatore: così nasce il progetto The Holdovers. Paul Giamatti ha accettato ancora prima di leggere il copione e riferendosi a Payne ha affermato: “Farei tutto ciò che quel tipo vuole, ma una volta che ho letto il copione, ho potuto davvero sentire il personaggio, in un modo davvero emozionante”. Giamatti è da sempre stato in contatto con l’ambito accademico: tutti nella sua famiglia sono insegnanti, in particolare il padre è stato rettore a Yale, anche negli anni in cui Hemingson era uno studente all’università.
Per scrivere il personaggio di Angus, lo sceneggiatore si è ispirato alle emozioni provate durante gli anni di scuola, mentre cercava di capire cosa avrebbe fatto dopo. Il casting è stato difficile: dopo un gran numero di provini, la direttrice dei casting, Susan Shopmaker ha proposto di andare a scovare l’attore nei corsi di teatro delle scuole in cui la produzione avrebbe effettivamente girato: così è stato trovato Dominic Sessa, studente dell’ultimo anno a Deerfield Academy e giovane dal grande talento. Dominic è un ex giocatore di hockey che dopo una frattura al femore, ha deciso di dedicarsi alla recitazione. Il giovane ha dovuto sostenere circa sei turni di audizioni e una lettura del copione insieme a Giamatti.
“La realtà emozionale si basa su mia madre che mi ha cresciuto da solo” ha dichiarato Hemingson “Mi sono chiesto ‘Cosa avrebbe fatto se mi avesse perso?’. Volevo assicurarmi che il suo impressionante sacrificio apparisse nel film” ha rivelato Hemingson che solo dopo ha raccontato la genesi del personaggio a Da’Vine Joy Randolph, attrice che interpreta Mary. La Radolph ha incarnato alla perfezione il personaggio, dando voce a un dolore che a differenza degli altri non va indagato: è tutto lì nella sua semplice tragicità. È proprio il suo talento che fa di Mary il centro emozionale della storia.
Le riprese per il liceo Barton si sono svolte in ben cinque scuole. Interessante, inoltre che la scena della pista da bowling non fosse prevista dal copione: lo scenografo Ryan Warren Smith nel corso dei viaggi per il film ha trovato questa pista di bowling retrò e vedendo che si adattava bene all’atmosfera del film allora ha subito contattato Hemingson. Smith ha commentato: “ci sono molti registi che vogliono controllare anche i dettagli minori, ma nei suoi film, Alexander vuole che il mondo reale cambi quello che si sta girando”.
La campanella- le ultime considerazioni
The Holdovers è stato girato come un film degli anni ’70 e tutto lo ricorda: la grana (quell’effetto vintage di pellicola consumata), la regia, la fotografia desaturizzata e il continuo ricorso alle dissolvenze incrociate per scandire l’immobilità delle giornate. Anche la musica rievoca gli anni ’70: dal successo del 1967 The Time Has Come Today della band soul psichedelica americana The Chambers a Venus della rock band olandese band Shocking Blue, passando per The Most Wonderful Time of the Year di Andy Williams e The Wind di Cat Stevens. A dare la sensazione di comfort è la neve che compare in molte delle inquadrature e che ci ricorda che il tutto è ambientato nel periodo natalizio. Si può definire un film di Natale? Sicuramente non come lo si intende solitamente: non c’è niente di mellifluo in The Holdovers, ma soprattutto non c’è niente di canonico. Il film racconta tra l’altro anche l’infrangersi del sogno americano: Paul è l’unico del corpo docenti che ha ancora un’etica professionale e Mary ha perso suo figlio perché non aveva abbastanza soldi per mandarlo al college e per questo motivo è dovuto andare a combattere in Vietnam. La disparità sociale esiste e a pagarne il prezzo sono personaggi innocenti che lo spettatore non ha la possibilità di conoscere. Cosa ci insegna The Holdovers? Essenzialmente non c’è niente di nuovo in questo film, nessun prodigioso insegnamento, perché il maestro è uno degli sconfitti ed è uno dei personaggi con più spigoli. L’unica verità che emerge è che il dolore in qualche modo coinvolge tutti e in quel momento l’unica soluzione è trovare riparo in una famiglia, che sia la propria o quella che ci si crea.
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