Spettri di guerra dilagano a largo di Taiwan, la nazione insulare a 200 km dalla Cina, che la stessa ha sempre faticato a riconoscere come Stato indipendente.
Secondo il Ministro della Difesa di Taiwan, Chiu Kuo-cheng, Pechino avrebbe in serbo di allestire l’invasione dell’isola, entro il 2025. Per il ministro taiwanese, infatti, le tensioni bilaterali tra i due Paesi si sono inasprite negli ultimi 40 anni. Intervistato dal China Times, Chiu ha affermato che la Cina sarà definitivamente pronta a lanciare un’invasione entro tre anni:
“Entro il 2025, la Cina ridurrà i costi e gli attriti ai minimi. Ha la capacità ora, ma non inizierà facilmente una guerra, dovendo prendere in considerazione molte altre cose”.
Nel giro di quattro giorni, non a caso, Pechino ha sorvolato con almeno 150 aerei da guerra la zona di difesa aerea di Taiwan, a partire da un giorno simbolicamente celebrativo: il 1° ottobre, anniversario della fondazione della Repubblica popolare.
La Cina rivendica Taipei come parte “inalienabile” del suo territorio dichiarando di essere pronta alla riunificazione anche mediante l’utilizzo della forza. Taiwan, dal suo canto, afferma che l’isola è già una nazione sovrana e non è necessario dichiararne l’indipendenza.
Nella giornata di ieri, la presidente Tsai Ing-wen ha scritto un articolo per la rivista Foreign Affairs, garantendo che Taiwan non sarebbe stata “avventurista”, ma che avrebbe fatto “tutto il necessario” per tutelarsi, mettendo in guardia sulle “conseguenze catastrofiche per la pace regionale e il sistema di alleanze democratiche” qualora venisse sovvertita l’indipendenza dell’isola.
Sul tema è intervenuto anche il segretario di Stato americano, Antony Blinken. In una intervista pubblicata su Bloomberg, ha asserito che le azioni della Cina nei confronti di Taiwan sono “provocatorie” e “destabilizzanti“, e che per tal motivo vanno “cessate”, schierandosi in maniera piuttosto netta.
Biden e il mistero sull’accordo di Taiwan
Il presidente Usa ha dichiarato di aver dialogato con il corrispondente cinese Xi Jinping, concordando di rispettare l’accordo di Taiwan su cui, però, sorgono dubbi interpretativi. Washington ha una “politica della Unica Cina“, in base alla quale riconosce in via ufficiale Pechino anziché Taipei sulla base di tre comunicati congiunti, sei assicurazioni e il Taiwan Relations Act, che rende chiara la decisione Usa di stabilire relazioni diplomatiche con la Cina, vertendo sull’aspettativa che il futuro dell’isola verrà stabilito attraverso mezzi pacifici.
La Cina però attribuisce a quelle dichiarazioni una accezione differente: il ministero degli Esteri di Pechino ha dichiarato che le politiche statunitensi sono state unilateralmente “inventate“, e che sviano dal “principio della Unica Cina“, il quale dichiara Taiwan come una provincia della Cina.