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L’infelice genetliaco.

Non sono poi tanti 60 anni, anzi non sono nulla se si considera che il San Paolo al confronto delle miriadi di monumenti che la città possiede (anche lo stabile dove vi trovate ora, mentre leggete, probabilmente è più datato) è stato costruito ieri l’altro (metaforicamente parlando) nel 1959; eppure almeno fino all’anno scorso lo stadio del Napoli sembrava un vecchietto che la gotta stava consumando implacabilmente. Ci voleva un evento che non aveva niente a che vedere con la SSCN e il Comune, i due eterni litiganti e cioè, le Universiadi con i soldi della Regione, per rimetterlo in sesto, dargli una parvenza di decenza e rimetterlo in carreggiata. De Laurentiis e i napoletani ringraziano, come a dire, “a caval donato non si guarda in bocca” il primo, prendendo in custodia ( 5 anni+5) una struttura che valga il prezzo del biglietto, i secondi, standosene comodi a goderselo, pagando il biglietto per una struttura che finalmente vale. Il cerchio si chiude, dunque una volta tanto,  senza che il cane si morda la coda e l’unica nota stonata è, che questo genetliaco è caduto in un momento tutt’altro che esaltante per gli azzurri, che vivono una crisi tecnica che riporta alla mente altri corsi, altre stagioni, altri tempi. Non ci si crede che il club vanta in panchina, la presenza dell’allenatore più titolato della sua storia, più che ottantennale, se si guarda la squadra in campo, come gioca; non sembra possibile che questa, per la stragrande maggioranza, è la squadra che ha conteso appena un paio di stagioni fa, lo scudetto ai pluripotenziati bianconeri; certo, gli anni passano, i cicli finiscono senza che ci si rende conto, proprio quando i risultati sono manchevoli, e questo può avvenire all’improvviso, ma quello che preoccupa è la totale assenza di strategie dei vertici societari, la mancanza di figure che la possono strutturare e che la rendano più poderosa ed efficiente proprio nei momenti di crisi come questo. La partita che tra poche ore andrà in scena, ad Udine, ci fornirà altre risposte, darà altre pennellate al quadro di questa stagione per dirci cosa questo Napoli saprà ancora regalare alla sua gente. Il dato certo è che, nel calcio di oggi, le partite non si vincono se si è solo più bravi; la tecnica, le capacità dei singoli e pure la bravura dei mister in panca, fanno la differenza solo se si pareggiano le motivazioni degli avversari; in caso contrario le brutte figure non devono stupire nessuno e questo, Ancelotti e i suoi uomini lo sanno bene.