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Soyuz 11: il tragico avvenimento del 30 giugno 1971

Soyuz 11 è la denominazione di una missione della navicella spaziale Sojuz verso la stazione spaziale sovietica Saljut 1.

La missione

Il lancio della missione avvenne il 6 giugno 1971 dal cosmodromo di Baikonur.

Il giorno successivo i tre cosmonauti avevano raggiunto la meta della loro missione, agganciandosi ed accedendo alla Saljut 1, che era così divenuta la prima stazione spaziale ad essere equipaggiata da umani.

L’equipaggio rimase a bordo della stazione spaziale per tre settimane, con l’incarico di collaudarne tutti i sistemi, nonché di eseguire alcuni esperimenti di carattere scientifico.

Il 29 giugno 1971 i tre cosmonauti risalirono sulla Sojuz e si prepararono al rientro sulla Terra.

Ma ci fu un tragico epilogo.

La tragedia 

Era il 30 giugno 1971. Nelle steppe del Kazakhstan i tecnici dell’Agenzia Spaziale russa erano in trepidante attesa per l’arrivo della Soyuz 11.

La navicella sarebbe dovuta atterrare a momenti e la sua missione, nonostante vari problemi, è era stata un successo: la navicella si era agganciata alla stazione spaziale Saljut e il suo equipaggio aveva “abitato” per la prima volta un avamposto umano nello spazio.

Le fasi di discesa si svolsero come da programma, i paracadute si aprirono e la Soyuz 11 atterrò nella steppa.

Ma quando i tecnici aprirono lo sportello della navicella per chiedere ai tre astronauti come mai non avessero risposto alle chiamate da Terra durante l’attraversamento dell’atmosfera, trovarono una terribile sorpresa: i tre uomini erano immobili nei loro seggiolini. Le cinture ancora allacciate.

I tre cosmonauti vennero velocemente estratti dai loro posti.

I medici praticarono i primi soccorsi, respirazione bocca a bocca e massaggio cardiaco.

Tutto inutile, non c’era più nulla da fare: Georgij Timofeevič Dobrovol’skij comandante della missione, Viktor Ivanovič Pacaev ingegnere di bordo e Vladislav Nikolaevič Volkov ingegnere collaudatore, erano morti.

Accanto all’acciaio che li aveva portati in orbita e sull’erba secca che li aveva accolti dopo il loro primo viaggio nello spazio.

Che cosa era successo?

La colpa fu di una valvola della Soyuz che avrebbe dovuto equiparare la pressione dell’aria interna con quella esterna.

Doveva entrare in azione poco prima dell’atterraggio e inveca scattò subito dopo il distacco della Soyuz dalla Saljut, facendo uscire tutta l’aria all’interno dell’abitacolo.

La causa prima, in realtà, fu un distacco dalla Saljut non da manuale: i bulloni che tenevano unite navicella e stazione spaziale si staccarono simultaneamente attraverso delle microcariche esplosive, mentre dovevano separarsi uno dopo l’altro.

Il fatto fece allontanare violentemente la navicella e al contempo fece aprire la valvola.

Sembra che uno dei tre astronauti si accorse del fatto e tentò di chiuderla a mano, ma perse i sensi prima di riuscirci.

La perdita d’aria della capsula causò la morte dei tre astronauti per decompressione.

A quel tempo i sovietici facevano grande affidamento sulla Soyuz al punto che il rientro non prevedeva che i cosmonauti indossassero le tute.

Se le avessero avute, l’ossigeno sarebbe arrivato direttamente dai serbatoi e non dall’interno della capsula.

Si sarebbero salvati. Da allora tutti i cosmonauti e gli astronauti le indossano.

Dora Caccavale
Dora Caccavale
Nata a Napoli (classe 1992). Laureata in Storia dell'Arte presso l'Università degli Studi di Napoli Federico II. Autrice del libro "Lettere di Mattia Preti a Don Antonio Ruffo Principe della Scaletta" AliRibelli Editore. Organizzatrice di mostre ed eventi artistici e culturali. La formazione rispecchia il suo amore per l'arte in tutte le sue forme. Oltre alla storia dell'arte ha infatti studiato, fin da bambina, danza e teatro. Attualmente scrive per la testata XXI Secolo.