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Sonnambulismo: quali sono i rischi, i rimedi e le cause?

Tendiamo a pensare che il nostro cervello funzioni seguendo una precisa dicotomia tra sonno e veglia, ma la realtà è diversa: il sonno non coinvolge allo stesso tempo ogni parte del nostro cervello, soprattutto tra una fase e l’altra. Per esempio, le zone del cervello adibite al controllo del movimento potrebbero essere in una condizione di veglia mentre quelle adibite al controllo logico delle nostre azioni sono dormienti.

In virtù di ciò si può verificare una delle parasonnie più diffuse: il sonnambulismo.

Le parasonnie sono disturbi del sonno episodici caratterizzati da comportamenti anomali che avvengono durante specifici stadi del riposo o nei passaggi sonno-veglia.

Il sonnambulismo è una parasonnia (classificato in quanto tale nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) diffusa soprattutto tra i bambini e che di rado si presenta anche in età adulta. Si stima che tra il 15 e il 30% dei bambini abbiano sperimentato almeno una volta un episodio di sonnambulismo, mentre il 6% di loro presenta episodi ricorrenti.

La fascia d’età in cui questo disturbo del sonno tende a manifestarsi è dai 2 ai 13 anni, con un picco d’incidenza dai 10 ai 13 anni.

Il sonnambulismo tende a scomparire a partire dalla pubertà e solo il 2% degli adulti presenta episodi in tal senso.

Essendo una parasonnia non-REM, il sonnambulismo ha origine durante il sonno più profondo e prevede sia comportamenti più semplici come il sedersi sul letto durante il sonno, che comportamenti più complessi come il camminare.

Esistono casi di sonnambuli che nel sonno compiono azioni di routine come il vestirsi, arrivano a spostare mobili o tentano addirittura di guidare. Associato allo spettro del sonnambulismo sono altre parasonnie come il parlare nel sonno, il bruxismo (il digrignamento dei denti nel sonno), ma anche la sexsomnia, disturbo che prevede la messa in atto di comportamenti sessuali, senza consapevolezza o intenzione, nel sonno. Durante queste attività, il sonnambulo può avere gli occhi aperti e fissare il vuoto.

Ciò che a volte rende più complessa la consapevolezza sul proprio essere sonnambuli è l’amnesia connessa a questo disturbo che può essere totale o parziale; infatti, alcune persone che ne soffrono ricordano distintamente anche i pensieri e le emozioni.

Le ripercussioni sulla vita diurna possono tuttavia rendere molto scomoda questo disturbo, soprattutto per chi ne soffre con una certa costanza.

Infatti, durante degli studi durati 15 anni e condotti dal dottor Jacques Montplaisir e dalla sua équipe è risultato che il 45% dei soggetti osservati soffriva di sonnolenza durante la giornata: i più colpiti erano gli adulti, mentre gli adolescenti riuscivano a recuperare meglio.

Un altro fattore che rende difficile il convivere con il sonnambulismo è lo stigma sociale a esso legato, soprattutto per quanto riguarda i bambini e ciò può alimentare il disagio dei più piccoli a dormire con altre persone.

Basti pensare che un altro inconveniente del sonnambulismo potrebbe essere l’urinare dove non si dovrebbe. In generale, anche presso gli adulti c’è molta ignoranza sull’argomento, alimentata dai numerosi luoghi comuni.

Si tratta dunque di una parasonnia che richiede di essere gestita nel modo giusto: il sonnambulo potrebbe farsi del male durante questi episodi, perdendo l’equilibrio o entrando in collisione con altri oggetti. Inoltre, potrebbe essere pericoloso anche per gli altri: i sonnambuli possono diventare aggressivi soprattutto se qualcuno li tocca nel tentativo di svegliarli.

Le cause del sonnambulismo

Le cause possono essere diverse e non sempre son ben definite. Di sicuro a incidere molto è la predisposizione genetica: mentre questo disturbo incide al 22% sui bambini con genitori senza precedenti, su quelli il cui genitore è sonnambulo incide al 47%. Altre situazioni che favoriscono il presentarsi del sonnambulismo sono la carenza di riposo, l’accumulo di stress emotivo e/o fisico (come il dolore), le stimolazioni sonore o luminose durante il sonno, la febbre e alcuni farmaci con effetto sedativo. Anche il bere alcolici la sera può contribuire, dal momento che crea instabilità nel sonno; inoltre hanno un ruolo anche i disturbi respiratori (come l’apnea ostruttiva del sonno) e alcune malattie neurologiche (ad esempio encefalite e lesioni cerebrali).

Rimedi e prevenzione dei pericoli

Il trattamento del sonnambulismo dipende dalla causa, dall’età del paziente, dalla frequenza e pericolosità degli episodi. Di sicuro l’ideale sarebbe consultare un medico per identificare e affrontare la causa attraverso un approccio migliore e più mirato.

In molti casi il sonnambulismo, i cui episodi vanno da pochi secondi fino a 30 minuti (in media durano massimo 10 minuti), non richiede un vero e proprio iter terapeutico soprattutto se solitamente non ci sono rischi: sono diversi i casi in cui si riscontrano notevoli miglioramenti grazie al miglioramento dell’igiene del sonno. Tuttavia, sono diversi gli approcci che possono essere utili nella gestione del disturbo: il primo prevede sicuramente l’eliminare i principali fattori di rischio rimuovendo quegli oggetti che possono essere di intralcio al passaggio del sonnambulo, assicurandosi che porte e finestre siano chiuse e rendendo inaccessibili le scale. Anche l’installare luci con sensori di movimenti e sistemi di allarme può essere utile. Per tutelare anche gli altri bisogna tenere gli oggetti appuntiti, come gli utensili da cucina, fuori dalla portata del sonnambulo.

Nel caso del sonnambulismo infantile è particolarmente efficace il risveglio anticipato: consiste nello svegliare qualcuno poco prima che si verifichi un potenziale episodio.

Dal momento che questo disturbo è legato ad una fase del sonno specifica, spesso si verifica alla stessa ora della notte.

Svegliare il sonnambulo prima dell’episodio può impedirgli di avere il risveglio parziale che innesca quelle attività e quei comportamenti tipici.

Questo metodo non è stato approfondito tuttavia nei pazienti adulti.

Un altro approccio è ricorrere alla terapia cognitivo-comportamentale, applicando alcuni protocolli della psicoterapia per la gestione dello stress e dell’ansia. In quest’approccio vengono adottate anche delle tecniche di rilassamento grazie alle quali si riscontra un decisivo miglioramento della qualità del sonno.

L’ultima spiaggia nel caso dei casi più gravi è sicuramente l’approccio farmacologico. A seconda della singola situazione, il medico potrebbe indirizzare il paziente verso l’assunzione di farmaci come il diazepam, il clonazepam o l’imipramina, che agiscono riducendo la quantità di sonno profondo.

L’alternativa utilizzata per lo più nei bambini (dal momento che ha ridottissimi effetti collaterali e non dà assuefazione) è il L-5-idrossitriptofano.

È vero che è pericoloso svegliare un sonnambulo?

Può esserlo, ma non per i motivi riportati dal luogo comune. È infatti credenza diffusa che non si debba assolutamente svegliare un sonnambulo per non comprometterne la salute o addirittura per non mettere a repentaglio la sua vita. Infatti, alcuni credono che a svegliare un sonnambulo ci sia il rischio di un attacco di cuore o di farlo uscire di senno.

In realtà il rischio non riguarda affatto la salute ed è più legato al fatto che la persona svegliandosi all’improvviso si troverebbe in uno stato confusionale e potrebbe reagire in maniera brusca al punto da essere aggressiva con chi le sta accanto.

Per questo motivo se un nostro caro è sonnambulo, la cosa migliore che possiamo fare è allontanarlo da oggetti pericolosi e riaccompagnarlo a letto con calma e a bassa voce.