Lo smart working è una modalità di lavoro che quasi sicuramente verrà attuata da molte aziende anche alla fine dell’emergenza Covid-19. Possiamo definirlo ormai come una nuova modalità integrata di collaborazione?
A meno che non venga prorogato lo stato d’emergenza per il Coronavirus, l’1 febbraio si tornerà a quanto dispone la legge 81/2017 sul lavoro agile, cioè all’obbligo d’accordo. Lo smart working, quindi, non sarà più automatico con accordi fra imprese e sindacati, ma con la necessità di un accordo obbligatorio con il dipendente.
Il lavoratore in questa nuova modalità lavorativa rischia di perdere una serie di agevolazioni. Spunta così l’idea di un “bonus smart working“. Un bonus spese che vada a sostituire i buoni pasto, gli straordinari e anche le spese per le utenze a chi aderisce al “lavoro agile“.
La questione si pone sul trattamento economico di quelle persone che lavorano a casa o in ufficio, garantendo l’equità. Il lavoro agile va incontro alla scomparsa di agevolazioni concrete come: la perdita di buoni pasto, straordinari e maggiori spese per le utenze.
Ipotesi lanciate su un tavolo con lo scopo di prendere i primi feedback al riguardo.
I buoni pasto e gli straordinari: solitamente sono previsti per un lavoro che prevede un orario rigido, e non un lavoro agile. L’erogazione dei buoni pasto in smart working è difficile da valutare, parliamo di un beneficio legato all’orario di lavoro e alla pausa pranzo. L’ipotesi è quella di un rimborso stabilito dalle utenze o dal pacchetto di welfare, tenendo presente i guadagni e le perdite.
Gli straordinari: nella pubblica amministrazione sono ritenuti difficili da calcolare con lo smart working. Sono per questo motivo previsti solo in caso di lavoro di domenica o nei giorni festivi, quindi svolti in una giornata non lavorativa.
Queste sono le ipotesi riguardanti il “bonus smart working”.
Stando all’indagine sul lavoro Istat-Eurostat nel 2019 solo il 12.1% degli occupati (circa 1 milione) ha concretamente sperimentato telelavoro e smart working.
Secondo Microsoft, l’87% degli italiani ha riscontrato una produttività pari o superiore rispetto a quando lavorava in ufficio, in questi mesi di pandemia.
Motivo in più per incentivarlo, no?