Le drammatiche condizioni della Siria durante l’occupazione dell’Isis, capeggiato dal califfo del terrore, Abu Bark al Baghdadi erano oggettive all’opinione pubblica internazionale.
Al termine del conflitto siriano, l’ente che tutela i diritti umani nello stato magrebino, Ondus (Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria) ha reso noto le violazioni svolte dagli uomini della cosiddetta giustizia jihadista, che ha eseguito in circa quattro anni e mezzo 6209 persone.
Tra le vittime primeggiano le popolazioni civili, di cui 1/3 sono donne e bambini, che sommate giungono quasi 3700. A costoro vanno aggiunte anche le vittime delle milizie avversarie, come quelle curde e le truppe governative partecipative per liberare la zona siriana dalla minaccia jihadista dell’Isis.
Inoltre, l’Ondus ha reso noto anche le aree siriane che dal 2013-2014 ha vissuto maggiormente la drammaticità del conflitto civile, come Raqqa, ex capitale dello stato islamica e assediata dai bombardamenti delle forze occidentali, oppure Aleppo e Damasco, luoghi della cultura mediorientale ed ex centri urbani e commerciali della Siria e dell’area magrebina.
Inoltre, l’ente umanitario ha rilevato tra le vittime anche le minoranze presenti all’interno dello stato magrebino attraverso accuse di collaborazionismo col nemico, tradimento e spionaggio, colpendo spesso anche gli stessi membri delle truppe del califfato islamico.
Ad oggi, la precarietà delle condizioni della zona, rende sempre uno status di instabilità che ne fa uno dei più pericolosi focolai del mondo attuale.