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Sempre più connessi, sempre più a rischio!

Il corpo umano è sempre maggiormente connesso a dispositivi come smartwatch, pacemaker, guanti e visori per la realtà virtuale, avendo sviluppato una sorta di rete internet tutta propria.

Il rischio di questo processo è molto elevato, perché, come ben sappiamo, queste reti di dispositivi tecnologici, monitorati a distanza, sono preda di hacker che ne compromettono il funzionamento modificandone i parametri vari.

Quando entra però in gioco la salute e la vita umana, il discorso si complica altamente. Le conseguenze di un attacco hacker a dispositivi elettronici integrati nel corpo umano, potrebbe portare a conseguenze disastrose, quindi è proprio il corpo stesso, con i propri tessuti, ad essere teorizzato come plausibile scudo da usare contro attacchi e manomissioni informatiche.

Questa la soluzione proposta dai ricercatori della Purdue University e pubblicata sulla rivista Scientific Reports.

“Connettiamo sempre più apparecchi alla rete del corpo umano, dagli smartwatch ai sensori per il fitness fino ai visori della realtà virtuale”, afferma il coordinatore della ricerca, Deyaban Sen.

I cosiddetti network del corpo hanno fatto uso largamente della tecnologia Bluetooth per trasmettere i segnali per mezzo di onde elettromagnetiche, onde che però possono essere recepite in un raggio di circa 10 metri.

“La sfida è mantenere queste comunicazioni dentro il corpo in modo che nessuno possa intercettarle, usando al tempo stesso sempre più banda larga e consumando meno batteria”, afferma Shreyas Sen, uno degli autori.

Uno smartwatch che rileva il battito cardiaco, sfrutta un sensore in grado di effettuare la misura, con il quale comunica attraverso l’invio di segnali elettromagnetici, facilmente intercettabili.

“L’idea dei ricercatori è di usare come conduttore il corpo stesso, come la pelle o i tessuti adiposi, che trasportano i segnali elettrici molto bene. In questo modo i segnali non viaggiano nell’aria, ma nel corpo, che funziona un po’ come un cavo elettrico che porta la corrente in un circuito”, afferma l’ esperto di Domotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, Antonio Frisoli.

Usando la tecnica dei ricercatori americani si riuscirebbe quindi a “riprogrammare tutti questi dispositivi per farli comunicare senza bisogno di antenne o radiazioni esterne, ma sfruttando il corpo e la capacità conduttiva dei suoi tessuti“.

Il risultato di ciò, sarebbe un sistema di comunicazione più efficiente, impossibile da intercettare e prevederebbe un dispendio di energia 100 volte inferiore rispetto a quella impiegata nelle comunicazioni Bluetooth.

Il gruppo di Sen sta ora sperimentando un modo per contenere le dimensioni del dispositivo, rendendolo delle dimensioni di un granello di polvere.

“Un sistema di questo tipo potrebbe avere molte applicazioni in futuro. Basti pensare, per esempio, ai dispositivi wireless o bionici che vengono impiantati nel corpo”, conclude Frisoli.

Emanuele Marino
Emanuele Marino
Giornalista pubblicista, nonché studente universitario iscritto alla facoltà di Lettere Moderne presso l'Università degli studi di Napoli Federico II