La Sacra Sindone, chiamata anche Santa Sindone o Sindone di Torino, dal luogo in cui oggi è conservata, il Duomo di Torino, è un tessuto di lino che, secondo la tradizione cristiana, fu utilizzato per avvolgere il corpo di Gesù nel sepolcro dopo la sua morte.
L’autenticità dei segni riportati sulla Sindone fu verificata per la prima volta nel 1988, attraverso l’esame del carbonio 14, che venne eseguito contemporaneamente in 3 laboratori diversi, ossia quelli di Oxford, Tucson e Zurigo.
I risultati datarono il “sacro tessuto” in un lasso di tempo tra il 1260 e il 1390.
Nonostante ciò, la sua autenticità è sempre oggetto di discussione.
Infatti, secondo recenti ricerche, in merito alla datazione e alla veridicità del sangue riportato sulla Sindone, quest’ultimo è vero ed è di una persona torturata.
Ma ciò che non convince i ricercatori riguarda lo strano colorito del sangue, il quale, se fosse così antico, dovrebbe essere più marrone, colorito dovuto anche all’esposizione di luci ultraviolette come quelle del Sole, e non rosso come invece è.
A riportare tali risultati è una ricerca italiana pubblicata sulla rivista Applied Optics, con la collaborazione di Paolo Di Lazzaro, dell’Enea e vicedirettore del Centro Internazionale di Sindonologia, Daniele Murra dell’Enea, Paola Iacomussi dell’ Inri (Istituto nazionale di ricerca metrologica), Mauro Missori del Cnr (Consiglio Nazionale delle Ricerche) e il medico Antonio Di Lascio.
La ricerca, arrivata quasi un mese dopo uno studio che riteneva false almeno la metà delle macchie riportate sulla “sacra reliquia”, è stata possibile grazie all’analisi della Sindone durante l’ultima esposizione pubblica, chiamata Ostensione, del 2015.
Durante questa Ostensione è stata usata una tecnica ottica per individuare i materiali di cui la sindone è composta.
Attraverso questa tecnica sono stati individuati nel sangue sul telo: metaemoglobina, un prodotto della degradazione dell’emoglobina ossidata e invecchiata, confermando la natura antica del sangue che va a favore delle ricerche avvenute in passato.
Di Lazzaro ha dichiarato: “Il sangue è ricco di bilirubina in due casi: nel caso di una persona malata di ittero e in quello di una persona percossa duramente, perché nel sangue di quest’ultima si rompono i globuli rossi e il fegato rilascia bilirubina“. E in base a questi fatti ha poi aggiunto: “Il nostro obiettivo era inoltre capire perché il sangue presente sul telo è rosso e non marrone, come dovrebbe essere un sangue antico e ossidato“.
Ed è proprio per capire il motivo di un colorito tanto diverso da quello che dovrebbe essere un sangue antico che i ricercatori hanno svolto degli esperimenti, durati 4 anni, su un sangue compatibile con quello della Sindone.
Hanno quindi utilizzato un telo di lino simile alla Sindone, macchiandolo con del sangue compatibile e lo hanno irraggiato con la luce ultravioletta, come quella del Sole.
– “Abbiamo usato il sangue di una persona malata di ittero, perché contiene grandi dosi di bilirubina” e hanno notato che: – “l’interazione tra raggi ultravioletti e bilirubina altera il colore delle macchie“.