Sarchiapone è un personaggio della cultura cultura napoletana. Il nome, usato fin dal 1600, deriva dalla parola greca sarx+poiòs che significa fatto di carne.
Lo Schiarpone è introdotto per la prima volta nel “Cunto de li cunti” di Giambattista Basile, nella novella Peruonto, qui il personaggio viene definito «Lo chiù granne sarchiopio e lo chiù sollenne sarchiapone c’avesse creiato la natura». Successivamente comparve come nome di uno dei personaggi principali della “Cantata dei Pastori“, opera teatrale scritta da Andrea Perrucci.
Sarchiapone: tra miti e letteratura
Il Sarchiapone significa “fatto di carne“, ma, nello specifico, questo personaggio simboleggia le persone che hanno una massa, ma non possiedono il cervello. Infatti, nei testi in cui viene nominato, è descritto come un essere simile al “gobbo di Notre Dame“, goffo, con la gobba, con la mancanza di motore celebrale, molto credulone.
Il termine “sarchiapone” divenne per qualche tempo anche un modo per indicare qualcuno, che, furbescamente, tenta di parlare con assoluta convinzione di cose, che in realtà non conosce affatto: questo uso nasce dal “Sarchiapone“americano di Walter Chiari e di Carlo Campanini; nella scena i due si trovano in una carrozza di un treno e Companini inizia ad armeggiare con una gabbietta coperta da un telo, sostenendo che all’interno vi sia un sarchiapone americano.
Walter Chiari, fingendo di sapere cosa fosse, inizia una conversazione con Campanini, in cui elenca dettagliate caratteristiche dell’animale, sperando di beccarne qualcuna a caso. Nel corso della conversazione, tuttavia, tra una smentita e una nuova ipotesi, le caratteristiche dell’animale si fanno sempre più spaventose, al punto tale da terrorizzare tutti i passeggeri e indurli a cambiare carrozza.
Quando, rimasti ormai soli, Chiari chiede a Campanini di poter finalmente vedere l’animale, questi gli confessa che si tratta di un animale inventato, che usa per poter sfollare lo scompartimento e viaggiare in piena tranquillità.