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Salvator Rosa: l’artista che espresse l’arte in ogni sua forma

Salvator Rosa nacque a Napoli il 22 luglio 1615, fu un artista poliedrico, profondo conoscitore dell’artein tutte le sue sfaccettature: pittore, incisore e poeta di epoca barocca. Napoletano, oltre alla città d’origine fu attivo anche a Roma e Firenze, di lui si ricordano l’incredibile genio artistico e l’animo inquieto ed appassionato.

Rosa nacque all’Arenella, un villaggio nei pressi di Napoli, successivamente reso parte della città, dalla siciliana Giulia Greca Rosa e dal geometra Vito Antonio De Rosa. Inizialmente i genitori lo accompagnarono al convento dei Padri Somaschi, dove sarebbe diventato prete o avvocato.

Tuttavia, proprio in quel periodo, il giovane manifestò una certa predisposizione per l’ambito artistico, che affinò grazie alle lezioni di pittura dello zio, Paolo Greco.

Concluso l’apprendistato da Greco, Salvator Rosa proseguì gli studi con Aniello Falcone e Jusepe de Ribera; durante i quali diede vita a dipinti che ritraevano paesaggi e battaglie. Nel corso del tirocinio con Falcone, fece la conoscenza di Domenico Gargiulo, noto come Micco Spadaro, al quale lo legherà una grande amicizia. Resta celebre la frase dell’artista: “Ho sempre creduto che l’amico sia un altro me medesimo”.

Durante l’apprendistato con Falcone, le opere di Rosa ottennero l’approvazione di Giovanni Lanfranco, che gli suggerì di trasferirsi nella capitale. Nella città eterna Rosa si avvicina alla scuola dei bamboccianti, dove subirà l’influenza delle opere di Michelangelo Cerquozzi e Pieter van Laer. 

Salvator Rosa, tra Napoli e Roma

Rientrato a Napoli, Rosa si dedicò alla produzione di paesaggi che ritraevano scene turbolente, restando sullo sfondo della scena artistica  partenopea. Nel 1638 si stabilì a Roma e, grazie all’appoggio del vescovo di Viterbo Francesco Maria Brancaccio, dipinse l’incredulità di San Tommaso per l’altare dell’omonima chiesa.

A questo periodo si fa risalire un cambiamento dello stile di Rosa verso una visione più classica e monumentale, grazie all’influenza di Claude Lorrain, Nicolas Poussin e Pietro Testa. Negli stessi anni l’artista si avvicinò al teatro e alla scrittura.

A Firenze Salvator Rosa fu ospite di Giovan Carlo de’ Medici, protettore delle Accademie degli Instancabili, degli Improvvisi e dei Percossi. Quest’ultima accademia fu fondata dall’artista, che intendeva rafforzare l’antico uso delle compagnie fiorentine di organizzare cene nelle quali recitare satire e commedie.

Grazie all’Accademia dei Percossi, Salvator Rosa conobbe diverse personalità del mondo artistico del tempo, tra le quali Lucrezia, che sarà la sua compagna per la vita. 

Importanti sono i dipinti dai toni oscuri ed esoterici realizzati dall’artista, che fuse alcuni elementi della sua fanciullezza a Napoli, dove era diffuso il gusto per il magico, al collezionismo di elementi magico-stregoneschi, in voga tra i nobili medicei.

Nel 1650 Rosa tornò a Roma, dove decise di rimanere libero da ogni vincolo di dipendenza cortigiana. Morì nella città eterna il 15 marzo 1673, venne sepolto nella basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri. Di lui, oltre all’incredibile produzione artistica, ricordiamo l’animo vivace e la capacità di dar vita a tutte le forme d’arte.