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Salute mentale, i numeri del fallimento politico

Ieri, 10 Ottobre, si è celebrata la giornata mondiale della Salute Mentale, la quale, nonostante l’ingente incremento dei disturbi correlati al benessere mentale durante la Pandemia da Covid-19, rimane ancora un tabù, deliberatamente ignorato dai governi che non investono né in prevenzione né in ricerca, tanto meno in ambito terapeutico. Gli obiettivi prefissati negli anni scorsi sono stati, infatti, ampiamente disattesi.

A malapena la metà dei Paesi ha attuato politiche volte in tal senso, a fronte dell’80% dell’aspettativa minima.

La conferma arriva proprio dall’Atlante della salute mentale dell’OMS, lo studio denuncia il “fallimento mondiale nel fornire alle persone i servizi di cui hanno bisogno, in un momento in cui la pandemia di Covid sta evidenziando una crescente necessità di supporto per la salute mentale”.

“È estremamente preoccupante che, nonostante l’evidente e crescente necessità di servizi per la salute mentale, che è diventata ancora più acuta durante la pandemia di Covid-19, le buone intenzioni non vengano soddisfatte con gli investimenti”, ha tuonato Tedros Adhanom Ghebreyesus, che riveste il ruolo di direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. “Dobbiamo prestare attenzione e agire su questo campanello d’allarme e accelerare drasticamente l’aumento degli investimenti”.

I numeri sono un emblema: “Nel 2020 solo il 51% dei 194 Stati membri dell’Oms ha riferito che la propria politica o piano per la salute mentale era in linea con gli strumenti internazionali e regionali sui diritti umani”.

Dati che vanno molto al di sotto della soglia dell’obiettivo, fissato all’80%. E solo il 52% dei Paesi chiamati in causa è riuscito a raggiungere il traguardo relativo ai programmi di prevenzione, anch’esso ben al di sotto dell’attesq. “L’unico obiettivo raggiunto per il 2020 era una riduzione del tasso di suicidi del 10%, ma anche allora, solo 35 paesi hanno affermato di avere una strategia, una politica o un piano di prevenzione a sé stanti”, illustra l’OMS nel suo comunicato.

D’altronde “sono stati evidenti progressi costanti nell’adozione di politiche, piani e leggi sulla salute mentale, nonché nel miglioramento della capacità di riferire su una serie di indicatori chiave della salute mentale”, dichiara, ancora, l’Organizzazione della Sanità.

Di contro “la percentuale dei budget sanitari del governo spesi è cambiata poco negli ultimi anni, oscillando ancora intorno al 2%”.

Inoltre, “Anche quando le politiche dei piani includevano stime delle risorse umane e finanziarie richieste, solo il 39% dei paesi ha indicato che le risorse umane necessarie erano state stanziate e il 34% che erano state fornite le risorse finanziarie richieste”.

La richiesta dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) non lascia spazio a fraintendimenti: è necessario un cambio di passo, se non di rotta.

“Sono necessari investimenti nei dati sulla salute mentale e nel rafforzamento dei servizi in modo che i paesi possano ricostruire meglio dopo il Covid-19”, ha concluso Tarun Dua, che è a capo dell’unità dell’Oms – Dipartimento di salute mentale e uso di sostanze, durante il rilascio del rapporto, a Ginevra.

Fahmy Hanna, dal canto suo, ha obiettato: “Il Covid-19 ci ha fornito una nuova opportunità per riflettere sui servizi, sulla loro distribuzione equa e sui programmi di prevenzione, quindi è un’opportunità per ricostruire meglio”. “La perdita di produttività costa un trilione di dollari l’anno, quindi dovremmo investire, poiché per ogni dollaro investito il ritorno è di cinque dollari”.