Quella del 19 novembre 2018 è stata una giornata produttiva per quanto riguarda l’ambito decisionale per le popolazioni ittiche e per il mare. A Dubrovnik, la Commissione internazionale per la conservazione dei tonnidi dell’Atlantico, Iccat, ha optato per l’aumento del 20% delle quote di cattura per quanto riguarda il tonno rosso, bluefin tuna, mentre a Bruxelles il Consiglio dei ministri della pesca dell’Unione Europea ha invece stabilito il margine di cattura per le diverse specie ittiche, il cui habitat è sito in acque profonde economicamente rilevanti.
Ridotti i limiti di cattura per il 2019 e il 2020.
Per quanto riguarda le decisioni inerenti il tonno rosso, Silvio Greco, presidente del Comitato Scientifico di Slow Fish, ha affermato che “Il sistema delle quote ha funzionato, tanto che oggi registriamo una forte presenza di giovanili. La popolazione cresce, e gli stock si stanno riprendendo. È una fase delicata in cui bisogna stare attenti a non vanificare i buoni risultati ottenuti. L’aumento del 20% purtroppo va proprio in contro a proprio a questa eventualità: il rischio di pescare i giovanili è alto. Proteggere davvero questa specie significherebbe invece aspettare ancora qualche anno, ovvero il raggiungimento della piena maturità sessuale e della riproduzione, che per questi grandi pelagici arriva intorno ai 5 anni di età. Slow Food guarda da sempre con attenzione la gestione del limite tra le necessità di protezione di una specie compromessa, in questo caso il tonno rosso, e le legittime aspirazioni del mercato. Non sempre però le pressioni esercitate dalle categorie, che rispondono in primo luogo ai propri interessi economici, aiutano a fare le scelte più appropriate.“
Per quanto riguarda, invece, le specie ad habitat profondo, e quindi le decisioni di Bruxelles, il mare profondo risulta essere una delle zone più sensibili a causa della diversità di habitat e faunistica.
La gran parte di esse risulta essere ancora totalmente sconosciuta all’uomo.
Viene effettuata l’attività di pesca industriale in queste zone, comprese quelle dei paesi dell’Ue, perché in alcune acque costiere europee non avvengono più catture tali da assicurare profitti sufficienti, tralasciando che molti pesci delle acque profonde hanno un ciclo riproduttivo molto più lento delle altre specie e ciò li rende particolarmente vulnerabili.
L’Unione Europea avrebbe dovuto fissare i margini di cattura per 19 stock, ma 6 di essi sono stati ritirati.
“Il Consiglio dei ministri ha seguito acriticamente questa proposta irresponsabile della Commissione europea. Una gestione di queste popolazioni secondo il principio di precauzione avrebbe richiesto limiti di cattura rigorosi, compresi i divieti. I Ministri competenti dei Paesi Ue sono ben consapevoli della grande importanza dei pesci di acque profonde per gli ecosistemi marini. Tuttavia, importanti misure di conservazione sono state nuovamente sacrificate a favore di una gestione semplificata delle quote.” in base a quanto affermato da Nina Wolff, referente di Slow Food Germania per la pesca.