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Riaffiora da impronte digitali la Pompei sconosciuta

Lo studio svolto tra il 2012 e il 2017 su due officine di vasai degli Scavi di Pompei (la bottega di Porta Ercolano e quella della Regio I), attive durante l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., ha fatto emergere una buona parte della catena di montaggio dei due impianti artigianali, dall’estrazione delle materie prime alla distribuzione dei prodotti (vasi potori a pareti sottili, lucerne e piccoli vasi detti fritilli).

Alla luce di questo primo risultato, la ricerca condotta dalla docente dell’università francese Aix Marseille, Laëtitia Cavassa, comincia oggi una nuova fase incentrata sui vasai stessi, registrandone e documentandone le impronte lasciate nell’argilla fresca o sul rivestimento dei vasi durante le fasi della fabbricazione.

La base logistica del “Pots and imprints project”, questo il nome dell’indagine, “è stata allestita nei depositi del Parco Archeologico di Pompei. Abbiamo avviato questa nuova fase di programma di ricerca, con l’aiuto di antropologi, per leggere ed interpretare le impronte digitali lasciate dai vasai al momento della fabbricazione dei vasi”, spiega Cavassa.

Lo studio è sovvenzionato da università, dal Ministero degli Affari Esteri francese (tramite il Centre Jean Bérard di Napoli) e da cittadini francesi privati.