Il 22 dicembre è arrivata su Netflix la prima parte di Rebel Moon, un nuovo kolossal sci-fi firmato Zack Snyder. La prima parte, intitolata A Child of Fire è stata attesa con grande curiosità e nei giorni scorsi sulla piattaforma è stato pubblicato il trailer della seconda parte The Scargiver che uscirà invece il 19 aprile. Il cast è ricco di volti noti, a partire da Sofia Boutella che interpreta la protagonista, continuando poi con Cary Elwes, Corey Stoll, Charlie Hunnam, Ray Fisher, Doona Bae e Stuart Martin. Inoltre, nella versione originale, il robot che si vede all’inizio del film è doppiato da Anthony Hopkins. Ottime premesse soprattutto se si pensa che il regista ha trascorso gli ultimi anni a lavorare alla costruzione dell’universo di Rebel Moon.
Inizialmente il progetto era stato proposto alla Lucasfilm come uno Star Wars più cupo e maturo, prima che la Disney annunciasse i sequel. Tuttavia, proprio per le sue caratteristiche Snyder ha visto rifiutata la propria idea che invece è tornata in pista proprio grazie a Netflix. In un’intervista il regista di Watchmen e Sucker Punch ha spiegato quanto ci tenesse a questo nuovo progetto raccontando il suo desiderio di sviluppare un proprio universo fantascientifico: “Questo sono io, cresciuto come un fan di Akira Kurosawa e di Star Wars. È il mio amore per la fantascienza e per un’avventura gigantesca (…) Ho passato gli ultimi due o tre anni a costruire questo universo. Ogni angolo deve essere dipinto. Ho fatto progetti, disegnando costantemente e coltivando davvero il terreno fertile per rendere questo mondo pienamente realizzato”.
Di cosa parla Rebel Moon? È riuscito a distaccarsi da quell’insormontabile cult che è Star Wars? In parte sì, per quanto ci siano diversi elementi che ricordano la saga. Rebel Moon racconta la storia di una galassia in cui a dettar legge è il Mondo Madre, un impero militare basato su millenni di guerre e violenza. Un giorno, tuttavia, i regnanti vengono uccisi in circostanze non precisate e dal caos che ne deriva si originano diversi movimenti di ribellione sui pianeti soggiogati. A prendere le redini dell’impero è il feroce senatore Balisarius che si autoproclama reggente, iniziando a soffocare ogni tentativo di ribellione e portando avanti la politica di distruzione dei suoi predecessori. Il film segue le gesta di Kora, ex combattente del Mondo Madre che decide di unirsi alla rivoluzione e il suo viaggio inizia sulla luna di Veldt su cui si trova un villaggio di pacifici agricoltori.
Inizialmente la sceneggiatura era stata pensata per un unico film, ma essendo sulle 172 pagine si è optato per dividerla in più parti. Proposta avvalorata soprattutto da Scott Stuber, presidente della divisione Film di Netflix che ha evidenziato come sulla piattaforma i film con una durata inferiore alle due ore abbiamo maggior successo. “Se mi chiedi di ridurre la durata a meno di due ore finirò per perdere tutti i personaggi“, ha dichiarato Zack Snyder. “Così facendo non te ne importerà di questa gente. È una storia incentrata appunto sui personaggi, sul modo in cui cambiano, sulla redenzione e su ciò per cui si è disposti a combattere”. Sempre per approfondire la storia di Rebel Moon, Snyder ha detto che ci sarà anche una director’s cut più lunga e senza censure che svilupperà meglio alcuni retroscena.
Rebel Moon non è stato molto apprezzato dalla critica che da sempre non ha in gran simpatia il lavoro di Snyder e i suoi tratti distintivi (basti pensare al 29% di gradimento su Rotten Tomatoes per Batman vs Superman: Dawn of Justice). Zack Snyder è infatti da sempre molto criticato per il suo uso dello slow-motion che per quanto caratteristico del suo stile, da molti è considerato eccessivo e ingiustificato. In molti suoi film l’uso del ralenti mirava ad esaltare il pathos delle scene d’azione, soprattutto nei cinecomics: spesso nei panels di combattimento dei fumetti il momento focale è quello dell’impatto del colpo, momento che Snyder ha spesso esaltato proprio con lo slow-motion permettendo allo spettatore di comprendere l’importanza di ogni scena. Rebel Moon non fa eccezione e utilizza il ralenti nelle scene d’azione e non solo, a volte in modo quasi smodato, ma rimane un tratto che può piacere come può non piacere.
Ci sono diversi pregi: l’universo proposto è interessante, ben pensato e invoglia lo spettatore a scoprirlo, soprattutto per gli elementi di folklore presente sui diversi pianeti. I personaggi inoltre hanno fascino e gran potenziale: il peccato di questa prima pellicola è che solo pochi di essi siano stati caratterizzati. Molto interessante è la protagonista che in qualche modo richiama il Kal-El de L’uomo d’acciaio: un abile combattente celato in un contesto pacifico e quotidiano, ma che viene richiamato dalle sue radici e da un passato che giunge con tutta la sua violenza. I restanti eroi della nuova saga di Snyder non sono per nulla delineati e vengono presentati frettolosamente, rimanendo delle sagome, delle figure a tratti stereotipate, ma che tuttavia vengono caricati di una solennità che appare ingiustificata allo spettatore che non ha avuto il tempo di legarsi a quei protagonisti. Alcuni dialoghi risultano inadeguati per lo stesso motivo. Da ciò si delinea il grande problema di questa pellicola: il tempo. Se la prima parte del film prende il minutaggio di cui necessita per le premesse che deve fare, la seconda parte procede fin troppo velocemente come se il tempo non bastasse e le vicende da narrare fossero fin troppe: così il film risulta monco tra motivazioni che non sono state date e un procedere nervoso.
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