Coi numeri dei contagi non ancora appianati, le mascherine costituiscono un bene irrinunciabile. È proprio per questo che occorre sceglierle con cura, essendo la fonte di protezione per eccellenza, nonché una delle poche armi di difesa. Inoltre, l’eventuale seconda ondata del virus picchia alla porta, e ci si può apprestare ad affrontarla sicuramente con qualche conoscenza in più.
I fisici della Duke University, negli Stati Uniti, hanno testato nei propri laboratori 14 diversi tipi di dispositivi di protezione. Gli esiti della ricerca hanno portato gli scienziati a stilare una lista, pubblicata sulla rivista “Scienze Advances“. Gli strumenti utilizzati per attuare lo studio sono stati incredibilmente un laser ed uno smartphone.
Si è dunque scoperto, diversamente da quanto si credeva in origine, che non tutto ciò che usiamo per coprire bocca e naso va a nostro -o ad altrui- vantaggio. Le mascherine filtranti Ffp2 e Ffp3, insieme alle chirurgiche, risultano le migliori allo scopo di trattenere il cosiddetto droplet, ossia le gocce di saliva che emettiamo naturalmente respirando ma anche tossendo o starnutendo. Queste sarebbero seguite dalle mascherine in polipropilene ed infine dalla tipologia in tessuto. Non hanno affatto superato l’esame bandana e scaldacollo, che anzi rischierebbero addirittura di favorire il contagio.
I ricercatori hanno infatti osservato un aumento delle gocce di salive quando si respira all’interno di uno scaldacollo sintetico. Ciò accadrebbe in quanto il tessuto sintetico frammenterebbe le gocce più grandi in goccioline dalla portata minore e, di conseguenza, più agibili da trasportare per mezzo dell’aria.
L’esperimento si è svolto come segue. I fisici hanno chiesto ad un volontario di scegliere un dispositivo di protezione tra i 14 presi in analisi, e di dire poi, con la bocca rivolta ad una scatola di cartone nera aperta su un lato, “stay healthy, people”. Una frase emblematica, dal significato “mantenetevi in salute, gente”, che permetterà, con l’aiuto del laser a rilevare l’efficacia reale delle mascherine. Il laser consente di gettare luce sulle gocce di saliva emesse, mentre si utilizza uno smartphone per registrare un video di ogni caso specifico.
“La telecamera è stata utilizzata per filmare un video di circa 40 secondi per registrare le goccioline emesse durante la conversazione. I primi 10 secondi del video servono come riferimento. Nei successivi 10 secondi, il portatore della maschera ha ripetuto cinque volte la frase “Rimanete in salute, gente”, dopodiché la telecamera ha continuato a registrare per altri 20 secondi. Per ciascuna maschera e per la prova di controllo, questo protocollo è stato ripetuto 10 volte. Abbiamo utilizzato un algoritmo computerizzato per contare il numero di particelle all’interno di ogni video” hanno spiegato gli autori dell’esperimento.