Trentacinque anni fa moriva Primo Levi, scrittore e testimone delle deportazioni naziste, sopravvissuto ai lager hitleriani.
Sulla sua morte ancora oggi vi sono diversi enigmi, ma su una cosa si è certi è stato un suicidio.
Un volo di quindici metri dalla tromba delle scale. Lo schianto sordo ai piedi della rampa, di fianco alla porta dell’ascensore. Così Primo Levi, 68 anni, uno dei simboli della cultura italiana e mondiale nel Novecento, ha deciso di farla finita.
La vita e la guerra
Nato il 31 luglio 1919. Di origini ebraiche, ha descritto in alcuni suoi libri le pratiche e le tradizioni tipiche del suo popolo e ha rievocato alcuni episodi che vedono al centro la sua famiglia.
Quando scoppia la guerra in Italia anche Primo Levi ne è coinvolto.
Nel 1943 si rifugia sulle montagne sopra Aosta. Si unisce ad altri partigiani, ma viene quasi subito catturato dai fascisti. Finisce internato nel campo di concentramento di Fossoli e successivamente deportato ad Auschwitz.
L’esperienza nei campi di concentramento è raccontata con molti particolari, ma anche con un grandissimo senso di umanità e di altezza morale, dignità, nel romanzo-testimonianza, “Se questo è un uomo“, pubblicato nel 1947.
Primo Levi in un’intervista in seguito alla pubblicazione del romanzo ha affermato di essere disposto a perdonare i suoi aguzzini e di non provare rancore nei confronti dei nazisti. Il suo unico scopo è quello di testimoniare tutte le brutalità affinchè si eviti il ripetersi di tali e tanti orrori.
Viene liberato il 27 gennaio 1945 in occasione dell’arrivo dei Russi al campo di Buna-Monowitz, anche se il suo rimpatrio avverrà solo nell’ottobre successivo.
Nel 1963 Levi pubblica il suo secondo libro “La tregua“, cronache del ritorno a casa dopo la liberazione (il seguito del capolavoro “Se questo è un uomo“), per il quale gli viene assegnato il premio Campiello.
Primo Levi morì suicida l’11 aprile 1987, probabilmente lacerato dalle strazianti esperienze vissute e dal quel sottile senso di colpa che talvolta, assurdamente, si ingenera negli ebrei scampati all’Olocausto: di essere cioè “colpevoli” di essere sopravvissuti.
La signora Lucia Levi, la moglie dello scrittore, in seguito alla morte del marito ha dichiarato: «Lo temevo, lo temevano tutti. Primo era stanco della vita e demoralizzato, proprio a terra. Cercavamo di non lasciarlo solo, mai».
Le opere
Oltre “Se fosse un uomo” e “La tregua“, le altre opere da lui composte sono: una raccolta di racconti dal titolo “Storie naturali“, con il quale gli viene conferito il Premio Bagutta; una seconda raccolta di racconti, “Vizio di forma“, una nuova raccolta “Il sistema periodico“, con cui gli viene assegnato il Premio Prato per la Resistenza; una raccolta di poesie “L’osteria di Brema” e altri libri come “La chiave a stella“, “La ricerca delle radici“, “Antologia personale” e “Se non ora quando“, con il quale vince per la seconda volta il Premio Campiello. Infine scrive nel 1986 un altro testo assai ispirato dall’emblematico titolo “I Sommersi e i Salvati“.