L’Antitrust risponde ai comportamenti di Poste Italiane che sono stati definiti da questa “inaccettabili” con una multa di 5 milioni di euro, che secondo l’autorità amministrativa indipendente pare sia comunque una cifra troppo bassa, irrisoria per un’azienda così importante.
La notizia è che l’Antitrust abbia irrogato una multa di 5 milioni di euro a Poste italiane, “per aver adottato una pratica commerciale scorretta in violazione dei Codice del Consumo, consistente nella promozione, risultata ingannevole, di caratteristiche del servizio di recapito delle raccomandate e del servizio di Ritiro Generale delle raccomandate”.
Il servizio postale delle raccomandate sembra essere al centro dell’attenzione per la sua scarsa efficienza. Questo perché nella realtà – ed è proprio questo di cui Poste Italiane viene accusata dall’Antitrust – è che queste non vengano eseguite “nei tempi e con la certezza enfatizzate nei messaggi pubblicitari”.
Secondo l’Antitrust il comportamento di Poste italiane viene considerato inaccettabile, soprattutto considerando i molteplici richiami avvenuti nel tempo da parte dei consumatori proprio riguardo all’atteggiamento spesso posto in essere da parte degli operatori che – con un comportamento ritenuto superficiale – tendono a lasciare l’avviso di giacenza della raccomandata in cassetta e non nelle mani dei diretti interessati, anche in situazioni in cui ciò sarebbe potuto avvenire in maniera semplice ed immediata.
A causa di questo perseverare nonostante la situazione fossa stata messa in luce più volte, e a causa dei gravi danni che il fatto in questione abbia causato secondo l’Antitrust ai “consumatori ma anche al sistema di giustizia del Paese”, la cifra riguardante la multa irrogata a Poste Italiane, è ritenuta dall’autorità erogante assolutamente irrisoria. Ciò soprattutto in funzione del fatto che il gruppo di Poste Italiane abbia fatturato nel 2019 una cifra pari a 3.492 miliardi di euro – ma la sanzione di riferimento arriva a 5 milioni di euro poiché sono indicati come il massimo consentito dalla legge.
L’azienda a sua difesa ha affermato di volersi avvalere di un ricorso al TAR per tutelare “la propria immagine e reputazione, i propri diritti e la correttezza delle proprie condotte”. Poste Italiane di suo rivendica con fierezza l’attività svolta dai propri dipendenti, soprattutto nel periodo di lockdown e descrive, illustrando alcuni numeri, che i disagi pervenuti nell’ambito della mancata ottimizzazione del servizio delle raccomandate siano un fenomeno assolutamente fisiologico considerando il numero di raccomandate gestite ogni anno.