Ad appena qualche centinaio di metri al di fuori delle mura dell’antica Pompei sorge una delle più famose ville della zona, la cosiddetta Villa dei Misteri, costruita nel II secolo a.C. e sepolta dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C.
Riportata alla luce tra il 1909 e il 1910, deve il proprio nome ad una serie di affreschi perfettamente conservati in cui vengono raffigurati alcuni riti misterici. Solo nel 1929, vent’anni dopo la scoperta della villa ad opera dello stesso proprietario del terreno in cui essa si trovava, il terreno fu espropriato per procedere con indagini più approfondite. Quasi nessun oggetto di particolare valore fu riportato alla luce nel corso degli scavi e il fatto che la zona d’otium risultasse praticamente priva di qualsiasi suppellettile ha indotto a pensare che all’epoca dell’eruzione la villa potesse trovarsi in fase di ristrutturazione.
La Villa dei Misteri, pensata in origine come una villa d’otium con ampie sale e giardini pensili, cadde in rovina in seguito al terremoto del 62 d.C. e fu trasformata in una villa rustica, il che comportò l’aggiunta di alcuni ambienti e attrezzi indispensabili alla lavorazione dei prodotti agricoli ed in particolar modo dell’uva, per la produzione e la vendita del vino. Sebbene sia tuttora sconosciuta l’identità del proprietario della villa, si conosce invece il nome del custode che la abitò nel periodo augusteo, Lucio Istacidio Zosimo.
La villa, a pianta quadrata, presentava l’ingresso principale lungo una via secondaria che molto probabilmente si collegava alla Via delle Tombe. Proprio in prossimità dell’ingresso si sviluppava la zona rustica e servile caratterizzata da una serie di ambienti adibiti alle più disparate attività, dalla panificazione alla spremitura dell’uva. La zona signorile della villa si concentra, invece, in quattro ambienti quali il peristilio a sedici colonne realizzato tra il 90 e il 70 a.C., l’atrio maggiore, il tablino e una veranda absidata, costruita nel I secolo e affacciata sul mare. Tutta una serie di altri ambienti si aprono ai lati di questi ultimi e così troviamo alcuni cubicula, il triclinio e il quartiere termale, dismesso in seguito al terremoto del 62 per divenire un deposito.
Numerose sono le decorazioni parietali e si differenziano in base al periodo in cui sono state realizzate. Pareti nere con decorazioni egizie, tipiche del terzo e quarto stile, caratterizzano il tablino mentre affreschi tipici del secondo stile sono sopravvissuti in un cubicolo, dove troviamo rappresentato il mito del dio Dioniso, e nel triclino dove tale stile trova una delle sue espressioni più caratteristiche. Per l’esattezza si tratta di scene dipinte nel corso del I secolo a.C. da un artista anonimo del posto che ha realizzato, con la tecnica della megalographia, personaggi a grandezza naturale. Sebbene non sia ancora certo il significato di tali affreschi, sono state avanzate una serie di ipotesi secondo le quali le scene potrebbero raffigurare i preparativi per un matrimonio, uno spettacolo di mimi, momenti salienti di un rito ma anche l’iniziazione di una sposa di Dioniso.