I polpi sono animali asociali, vivono poco (un paio d’anni) e trascorrono un’esistenza segnata dalla fuga quasi costante.
Eppure risultano intelligenti, a tratti intelligentissimi. Sono in grado di aprire barattoli con all’interno del cibo, usano i gusci delle noci di cocco come armatura, barricano la tana con le pietre, riescono persino a spegnere le luci di un acquario, come ricorda la rivista The Atlantic sul suo sito. L’intelligenza dei cefalopodi (non solo polpi, ma anche seppie e calamari) attira da sempre gli esperti. Perché sono così? Cos’è successo nella loro fase evolutiva? Quand’è che questi molluschi iniziano a diventare quelli che oggi osserviamo?
A queste domande ha provato a rispondere uno studio pubblicato, lo scorso gennaio, sulla rivista scientifica Trends in Ecology and Evolution e curato da Piero Amodio, dell’Università di Cambridge, e cinque suoi colleghi. Una ricerca di cui ha già scritto il New York Times, la quale parte dalla premessa che quelli che oggi consideriamo animali “intelligenti” (gli elefanti, i primati, i delfini, le balene, i pappagalli, i corvi) sono anche socievoli. Esseri viventi in grado di ricordare e gestire una complessa rete di relazioni e che tendono a vivere a lungo. I cefalopodi no. Per la maggior parte solitari, anche quando nuotano insieme non formano quei legami che si notano in altri animali. Inoltre, vivono poco.
Una combinazione unica che, secondo Amodio e i colleghi, è legata ad un aspetto del loro passato, quando i loro antenati persero la conchiglia. Un processo evolutivo iniziato circa 530 milioni di anni, quando un gruppo di molluschi iniziò a modificare lentamente la protezione esterna. In seguito, e siamo a 275 milioni di anni fa, i polpi si ritrovarono senza la conchiglia (mentre gli antenati di calamari e seppie l’incorporarono). Non esiste una ragione precisa. Potrebbe essere stato un modo per diventare più agili e veloci negli spostamenti, facilitando la fuga dai predatori, ma anche la caccia. In ogni caso, senza questa protezione, i cefalopodi sono diventati flessibili sia nel corpo che nella mente. Aspetto che li ha costretti, in fase evolutiva, a diventare più intelligenti, al fine di sopravvivere.
Un altro italiano, Ernesto Mollo, del CNR (Consiglio nazionale delle Ricerche), insieme al suo team, offre una spiegazione leggermente diversa e quasi opposta dell’intelligenza dei polpi: la loro evoluzione neuronale sarebbe iniziata prima di perdere la conchiglia, non dopo, altrimenti non avrebbero avuto il tempo sufficiente per sopravvivere. Ciò suggerisce che l’evoluzione graduale della loro intelligenza avrebbe facilitato la perdita della conchiglia e non l’opposto.