PIZZA MASTUNICOLA. La pizza più antica
Che Napoli sia la patria universalmente riconosciuta della pizza, lo sanno tutti e in ogni parte del mondo. Molti però pensano che le due più antiche pizze napoletane siano la marinara e la margherita. Ma non è così. Fino al 1500 si preparavano un po’ in tutto il bacino del Mediterraneo delle focacce che assomigliavano vagamente alla pizza vera e propria. Finchè a Napoli fu creata la pizza mastunicola, considerata ufficialmente come la più antica di Napoli e del mondo.
Origine della pizza mastunicola
Il nome di questa pizza ,che risale all’incirca tra la fine del ‘400 e gli inizi del ‘500, deriverebbe secondo alcuni dalla versione dialettale di “Mastro Nicola” , ossia il suo presunto creatore, un panettiere che lavorava nella zona di Rua Catalana . Per altri invece l’ipotesi più probabile è che derivi da “vasinicola” che in dialetto napoletano significa basilico, uno dei principali ingredienti di questa pizza dall’inconfondibile colore verde. In molti dialetti meridionali il basilico è chiamato vasinicola. Derivando dal greco antico “vazilikon”, a sua volta discendendo da “vasilias” (Re) . Si traduce quindi con “degna di un re”. Anche il termine italiano basilico deriva dal latino “basilicum”, cioé “pianta regale”, che proviene a sua volta da “basileus” che si traduce con Re.
Ingredienti della pizza mastunicola
A giudicare dagli ingredienti però questa pizza di regale ha ben poco. Anzi la sua caratteristica ed anche la sua forza sta proprio nella sua essenzialità. Oltre al basilico nella mastunicola gli altri ingredienti base erano strutto, formaggio di pecora e pepe. Francesco de Boucard nel suo “Usi e costumi di Napoli” descrivendo come era la pizza a Napoli nella metà dell’ ‘800, diceva : «Le pizze più ordinarie, dette coll’aglio e l’oglio, han per condimento l’olio, e sopra vi si sparge, oltre il sale, l’origano e spicchi d’aglio trinciati minutamente.
Altre sono coperte di formaggio grattugiato e condite collo strutto, e allora vi si pone disopra qualche foglia di basilico. Alle prime spesso si aggiunge del pesce minuto; alle seconde delle sottili fette di mozzarella. Talora si fa uso di prosciutto affettato, di pomidoro, di arselle, ecc. Talora ripiegando la pasta su se stessa se ne forma quel che chiamasi calzone.»
L’evoluzione della pizza napoletana
Anche se l’autore non dà il nome a ciascun tipo di pizza si riconosce chiaramente nella descrizione la mastunicola, che continuava quindi ad essere prodotta a metà dell’Ottocento. Poi via via sarebbe caduta in disuso con l’affermarsi della marinara e della margherita, le due varianti più celebri.
Entrambe sono legate all’avvento dell’uso del pomodoro sulla pizza. La prima con pomodoro, aglio e origano, chiamata anche popolarmente “olio e pomodoro” fino agli anni ‘70 del Novecento, quando le è stato dato il nome di una pizza di inizio Settecento che veniva mangiata dai pescatori di Santa Lucia al ritorno dalla pesca. A quell’epoca la “marinara” era totalmente diversa da quella attuale, perché senza pomodoro e fatta con acciughe, capperi, origano, olive nere di Gaeta e olio.
La seconda, ossia la margherita, tradizione vuole sia stata creata nel 1889 dal pizzaiolo Raffaele Esposito in occasione della visita di Margherita di Savoia a Napoli: ingredienti base pomodoro, mozzarella e basilico in onore dei tre colori della bandiera italiana. Molti contestano questa ipotesi sottolineando che ancora nel suo libro il de Bourcard nel 1866 accenna già all’uso della mozzarella e del pomodoro tra gli ingredienti utilizzati.
La pizza madre e le sue discendenti
Ma tutte le pizze che sono venute dopo in un numero infinito di varianti ormai diffuse in tutto il mondo, anche le più stravaganti, sono tutte da considerarsi figlie o pronipoti o comunque discendenti della pizza mastunicola, la pizza più antica.
La cosa strana però è che la pizza madre di tutte le altre sia caduta in disuso ed attualmente è pressocchè sconosciuta, finanche a Napoli. Pochissime sono le pizzerie che in Campania la preparano e quasi sempre solo a richiesta di qualche amatore, non essendo presente nel menù.
In un certo senso è come una specie in via di estinzione, da salvaguardare considerando che anche la gastronomia segue i gusti e le mode del suo tempo.
Il futuro della pizza mastunicola
Ma si può fare molto a cominciare dalle numerose associazioni che si battono per la vera pizza napoletana , promuovendo e incentivando la sua diffusione. E con iniziative personali, iniziando a richiedere qua e là questa pizza buonissima nella sua disarmante semplicità.
A vederla, abituati come ormai siamo a riempire la pizza con gli abbinamenti più vari , in un mix fin troppo ricco di colori e di sapori , che finisce spesso per confondere il gusto, si può restare un attimo interdetti. Ma è solo un attimo. Una volta assaggiata si cambia immediatamente idea.
Rappresenta non solo un primato partenopeo, ma anche un pezzo di storia napoletana . Compito individuale e collettivo è riportarla un po’ alla volta in auge favorendone la conoscenza ed il consumo. Sono tre le pizze storiche, tutte e tre iniziano con la lettera emme. Se la pizza è uno dei vanti di Napoli, se la marinara e la margherita hanno raggiunto il podio, la mastunicola che è la più antica pizza di Napoli e del mondo, non può e non deve sparire dalle nostre tavole.