Pier Paolo Pasolini fu ritrovato morto all’idroscalo di Ostia il 2 novembre del 1975. Anche l’ultima inchiesta della procura è stata archiviata, poiché non è stato possibile dare un’identità a quei cinque profili genetici riconducibili a soggetti presumibilmente presenti sul luogo del delitto, oltre a Pino Pelosi, unico condannato per l’omicidio.
Secondo la dinamica ricostruita dagli inquirenti, Pasolini provò a difendersi dai propri assassini, nacque una colluttazione, il celebre autore e regista stramazzò al suolo dopo esser stato colpito con un pezzo di legno. A quel punto, Pelosi, si infilò nell’auto dello scrittore e una volta a bordo passò più volte sul suo corpo, uccidendolo.
Pier Paolo Pasolini: un intellettuale dall’ideologia esplicita
Poeta e scrittore, una forte voce critica del tempo; una morte risolta velocemente dagli inquirenti, difatti l’assassino, Pelosi, di soli 17 anni, viene fermato e arrestato per l’omicidio, poco distante dalla scena del delitto, mentre guida proprio l’auto di Pasolini. Il giorno dopo confessa.
Gli accertamenti scientifici, a distanza di molto tempo hanno identificato il profilo di altre persone presenti quella notte del 2 novembre, sulla scena del crimine.
Tra i maggiori intellettuali degli anni Settanta, Pier Paolo Pasolini divideva il pubblico, in un rapporto di “amore e odio”, soprattutto per la radicalità dei suoi giudizi. Una persona schietta, che osava dire ciò che pensava. Aspre le critiche alle fasce borghesi della società, più volte espresse senza remore. Come affermò Alberto Moravia: “Pasolini fa discutere anche al di fuori della letteratura e del cinema, di cui è abile maestro”.
La personalità e il modo in cui Pasolini viene descritto sono sempre stati influenzati dalle sue posizioni politiche, dalle tante opere spesso dure e critiche nei confronti dell’Italia degli anni ’60, dalle ideologie e dal suo rapporto con la propria omosessualità.
Ma una cosa è certa, il delitto di colui che è ancora oggi ricordato come un grande poeta, scrittore e sceneggiatore, è ancora un mistero sotto molti punti di vista.
Molte le incongruenze. Tanti gli enigmi da risolvere. Prepotente il silenzio su alcuni tasselli mancanti.
Nonostante la condanna per omicidio di Pelosi, il 4 dicembre del 1976, il caso non è chiuso e intellettuali, giornalisti ed investigatori s’interrogano ancora oggi su quanto è accaduto quella notte del 2 novembre del 1975.
Le teorie fino ad ora accantonate sono legate ad aspetti definiti scomodi della vita politica di quell’epoca; di quella classe dirigente che Pasolini criticava aspramente e alla quale si opponeva apertamente.
Inoltre, lo stesso Pelosi, unico indagato, ha più volte fatto riferimento a più persone presenti quella notte.
A tutto ciò sono seguite una serie di testimonianze da parte dei proprietari di una trattoria presente in zona, che nel 2010 descrissero agli inquirenti, la presenza di una persona esteticamente differente rispetto a Pelosi.
Questa, insieme a un’altra testimonianza ignota, hanno portato alla riapertura del caso, dal quale sono emerse alcune tracce di DNA sui vestiti dello scrittore, che però non è stato possibile attribuire a qualcuno in particolare o a sapere con certezza quando collocarle nel tempo, se nei giorni precedenti all’omicidio o quella sera stessa.
Per quanto concerne quel delitto che sconvolse la società del tempo, un altro aspetto non trova risposta.
Quale fu il movente che portò all’uccisione dell’intellettuale? Qualcuno parlò di vendetta, altri ancora di una tentata rapina. Ad oggi non si sa quale sia stato il motivo.
Le varie ipotesi e gli scenari sui quali si continua a lavorare anche in ambito prettamente culturale e sociale, dimostrano la grandezza di Pasolini, nonostante siano trascorsi quarantasette anni da quel delitto.