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Parkinson, l’importanza della diagnosi precoce

La Malattia di Parkinson è un disturbo neurodegenerativo che affligge 5 milioni di persone nel mondo, oltre 300.000 si trovano in Italia.

La malattia si manifesta, generalmente, in pazienti di età pari circa a 60 anni, e si crede che il numero di affetti sia destinato ad aumentare vertiginosamente in Italia, con una stima di 6.000 nuovi casi ogni anno, nel corso dei prossimi 15 anni. La Malattia di Parkinson, così come tutte le malattie neurodegenerative, grava pesantemente sul fattore tempo.

La diagnosi precoce risulta essere una mossa strategica, per la cura e l’arresto del decorso della malattia, basti pensare solamente che, al momento della manifestazione dei primi sintomi  tipici della malattia, lentezza dei movimenti, tremore, la Malattia di Parkinson si trova già in fase avanzata, tanto da non poter essere bloccata, circa il 60% delle cellule del cervello sono infatti già morte.

La diagnosi precoce della Malattia di Parkinson si basa sull’individuazione di sintomi non specifici, i quali sono identificativi per i soggetti a rischio. Tra i sintomi pre-motori sono riscontrabili il deficit olfattivo, la depressione, dolori nelle grandi articolazioni, l’ipotensione ortostatica, il disturbo comportamentale in sonno REM (Rapid eye movement Behavioural Disorder, RBD), sintomo identificativo più importante, dato che circa il 60% dei pazienti affetti sviluppa la malattia di Parkinson entro un intervallo successivo di 10-12 anni.

La diagnosi clinica della malattia si basa quindi sui sintomi, seppur esistano esami strumentali, la RMN encefalo e gli esami ematochimici, i quali sono utili al fine di. escludere malattie che presentano analoghi disturbi.

La conferma della diagnosi giunge però grazie ad esami specifici SPECT e PET.
“Iniziare il trattamento sintomatico o neuro-protettivo in una fase precoce di malattia o meglio ancora nella fase pre-motoria permette di controllare bene i sintomi e rallentare l’evoluzione della malattia. In queste fasi, infatti, i farmaci dopaminergici o i farmaci neuroprotettivi potrebbero davvero modificare il decorso della malattia.” afferma il Professor Roberto Eleopra, Vicepresidente della SIN e Direttore UOC Neurologia I – Parkinson e Disordini del Movimento presso Fondazione IRCCS Istituto Neurologico C. BESTA

 

Emanuele Marino
Emanuele Marino
Giornalista pubblicista, nonché studente universitario iscritto alla facoltà di Lettere Moderne presso l'Università degli studi di Napoli Federico II