Il 19 luglio di ventotto anni fa, una domenica d’estate, proprio come questa, veniva ucciso Paolo Borsellino, in Via d’Amelio. Una vera e propria strage, che ancora oggi, nonostante siano trascorsi parecchi anni, è colma di vuoti ed interrogativi.
Paolo Borsellino: una vera e propria strage
Era il 19 luglio del 1992, in una città deserta, Paolo Borsellino, decise di andare a fare visita a sua madre; come da appuntamento, puntualissimo alle ore 16.58 arrivò sotto casa sua.
Le automobili della scorta, si disposero subito secondo i protocolli previsti dalla difesa, gli uomini scesero dalle stesse auto e si schierano a protezione, intorno al Magistrato. Improvvisamente una Fiat Centoventisei poco distante esplose, un boato terribile, una deflagrazione immane, che trascinò con sé, fuoco, fiamme, detriti, martoriando i corpi di sei persone.
La notizia arrivò poco dopo le 17,00; inizialmente tutte le informazioni a riguardo parlarono di un attentato. Poi, qualche minuto più tardi, purtroppo la tragica conferma, Paolo Borsellino era stato ucciso.
Lo scenario, nel cortile dall’abitazione dove abitavano la mamma e la sorella, fu terrificante; il corpo del Magistrato, completamente carbonizzato, e con lui, purtroppo colpiti, i cinque agenti della scorta.
Chi era Paolo Borsellino
Paolo Borsellino era nato in un quartiere che come era solito dire il suo collega e amico, Falcone, “ieri, era nobild, e oggi è disgraziato”.
Diventò magistrato a ventidue anni e nel 1975, entrando poi nell’ufficio Istruzione diretto da Rocco Chinnici, dove trova anche Falcone, col quale crea un rapporto indissolubile, un binomio inscindibile.
Con il giudice Rocco Chinnici, Borsellino, sperimentò l’efficacia di una specializzazione degli inquirenti nella lotta alla criminalità organizzata. Dopo l’omicidio di Chinnici nel 1983, a capo dell’Ufficio venne nominato Antonino Caponnetto; comprendendo le potenzialità del coordinamento delle indagini e dello scambio di informazioni tra magistrati addetti, diede vita al “pool antimafia” di cui facevano parte, oltre a Caponnetto e Borsellino, anche Giovanni Falcone, Giuseppe Di Lello e Leonardo Guarnotta.
Nel dicembre 1986, Paolo Borsellino ottenne la carica di Procuratore della Repubblica di Marsala. Nel 1992, dopo il congedo di Caponnetto dall’Ufficio istruzione per motivi di salute e il trasferimento di Falcone a Roma quale Direttore degli Affari penali del Ministero di Grazia e Giustizia, fece ritorno al Tribunale di Palermo come Procuratore aggiunto per coordinare l’attività antimafia.
Magistrato, amico, e padre amorevole
Paolo Borsellino era una persona molto attenta, presente, non solo in ambito lavorativo, ma anche in famiglia; un papà che nonostante gli impegni, c’era sempre, racconta commossa la figlia.
D’altronde, come egli aveva più volte aveva dimostrato, aveva un forte legame e una grande empatia con i giovani, ai quali spesso si rivolgeva, come monito di speranza, probabilmente con la terribile consapevolezza, che la propria esistenza fosse a rischio.
«Siete il nostro futuro, dovete utilizzare i talenti che possedete, non arrendetevi di fronte alle difficoltà». Questa una delle frasi alle esequie del Giudice Borsellino, che per volere della famiglia, non furono di Stato.
Un animo nobile, e oggi il ricordo è ancora molto forte.
Il 19 luglio è uno degli anniversari più terribili che si possano ricordare, una vera e propria tragedia, ancora senza spiegazioni plausibili, nonostante arresti, sentenze, dichiarazioni di pentiti, documenti secretati, altri spariti, ciò che trionfa è il ricordo accompagnato da una forte sete di giustizia.
Falcone e Borsellino non si fermarono mai, malgrado fossero perfettamente consapevoli del pericolo, gravissimo, che correvano. Scelsero di combattere per il Paese, e per restituirgli legalità e giustizia, in quanto uomini a servizio dello Stato.
La lotta dei due magistrati, è ancora viva e l’assenza di due uomini così importanti e tanto impegnati, è una ferita aperta; in questo contesto, sono proprio i giovani a dare manforte, e ogni 19 sono presenti in Via d’Amelio, contro i soprusi e la violenza.
Per ricordare e non dimenticare Paolo Borsellino, ma anche tutto ciò che ha compiuto per fare giustizia.