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Palazzo Donn’Anna: a Posillipo governa il barocco

Uno splendido esempio di architettura barocca, eretto intorno agli anni trenta del 1600, quando Napoli era sotto il dominio spagnolo. Per fare spazio al nuovo palazzo, venne demolita un’antica abitazione del Cinquecento, conosciuta come Villa Bonifacio (La Serena), proprietà del marchese Dragonetto Bonifacio.

Il palazzo fu costruito per volere della nobildonna Anna Carafa che era moglie del vicerè Ramiro Núñez de Guzmán. La struttura, in realtà, contrariamente a ciò che si penserebbe e allo stato in cui si trova, non fu mai completata a causa della morte tempestiva della nobildonna a causa di un’insurrezione popolare e alla conseguente fuga del marito, dopo il crollo del viceregno.

Fu abbandonato e mai preso in considerazione da associazioni museali. La particolarità è la sua ubicazione sulle acque del mare e la presenza di un doppio ingresso, uno dal mare e l’altro che si apriva su Via Posillipo.

Il fascino della struttura è dovuto sicuramente a varie leggende sviluppatesi negli anni, come quella scritta da Matilde Serao nel suo libro di Leggende napoletane che narra lo scambio d’identità tra la nobildonna Anna Carafa e la regina Giovanna D’Angiò.

Quest’ultima invaghitasi di un pescatore di nome Beppe, molto famoso per la sua passionalità, volle sperimentare le doti del pescatore e fece costruire una villa, che chiamò Villa delle Sirene, che fosse lontana dalle malelingue e innescò trappole per chiunque volesse entrare, trappole che non risparmiarono nemmeno il pescatore.

Dopo aver trascorso tre notti e tre giorni d’intensa passionalità, non poteva permettere che il pescatore raccontasse a tutti l’accaduto e mentre si allontanava fece aprire il pavimento sotto i suoi piedi e cadde in mare. Si racconta infatti che le anime degli amanti della regina vaghino ancora nel palazzo e chiunque vi entri sarà colpito da gravi sventure amorose.

Un’altra leggenda metropolitana racconta del fantasma di Donna Mercede, nipote del vicerè Ramiro, il quale organizzò una festa per i nobili della città. Durante la festa venne inscenata una commedia in cui una schiava si innamora del principe padrone e lo salva. La schiava era interpretata da Donna Mercede e il principe, il nobile Gaetano Casapenna, amante di Anna Carafa. Il principe e la schiava durante la farsa si baciarono con passione svelando il loro segreto innamoramento. Da allora non si ebbero tracce né di Donna Mercede, né di Anna Carafa.