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Omnia vincit amor et nos cedamus amori

Il termine “amore” approda nell’italiano dal XIII secolo, con stretta derivazione dal termine latino amorem, derivato a sua volta dal verbo latino amare.

Il lemma risulta essere connesso con i termini latini amma e amita, indicanti rispettivamente mamma e zia, delineandone quindi una possibile origine a partire dal linguaggio infantile.

Scavando più a fondo si delinea una derivazione del termine latino dal protoitalico, e quindi dal protoindoeuropeo, con accezione di “prendere, tenere”, progressivamente trasformatosi in “prendere la mano di”, in segno di amicizia, giustificando anche l’esistenza del termine latino amicus, amica, amasius, corrispondente al sanscrito amánti, amīṣi e all’antico avestico əma, dal medesimo significato.

Attualmente il termine “amore” descrive un’immensa varietà di sentimenti, da una forma più generale di affetto fino a descrivere un forte sentimento di attrazione interpersonale ed attaccamento, ma il concetto di amore ha radici ben più profonde.

Nell’antica Grecia esistevano differenti forme di amore, ognuna delle quali caratterizzata da un differente nome, utilizzato in diversi contesti in cui è possibile parlare di esso.

L’antica lingua greca possiede i termini philia, eros, agape, storge e xenia

Agape, ἀγάπη, indica il termine amore nel greco moderno, un ideale di amore “puro”, differente dall’attrazione fisica indicata dal termine eros.

É l’amore nei confronti del prossimo, l’attuale altruismo, spontaneo, non intenzionale, una vera e propria forma di empatia per gli altri.

Eros, ἔρως, forma di amore il cui nome trascende dalla divinità greca Eros, è l’amore passionale, “amore per il corpo”.

A volte delinea una passione negativa.

Philia, φιλία, amore spassionato e virtuoso, la lealtà tra amici, tra parenti, che richiede virtù, uguaglianza, e familiarità.

Può anche avere l’accezione di “amore della mente”.

Storge, στοργή, affetto naturale,ad esempio quello provato dai genitori per i figli.

Xenia, ξενία, ospitalità, una pratica fortemente sentita nella Grecia antica.

Anche gli antichi romani, sulla falsariga di quanto detto per i greci, hanno sviluppato differenti lemmi per le diverse accezioni dell’amore.

Amo, all’infinito amare, è il verbo base del latino che indica l’amore affettuoso oltre che quello romantico e sessuale. Da esso derivano i termini amans-amatore, amante lussurioso, e amica, ossia fidanzata, anche se spesso il termine era indirizzato alle prostitute.

Da questa stessa radice derivano amicus-amico e amicitia-amicizia, termini aperti spesso anche all’accezione di “indebitamento” o “influenza”.

Non è raro comunque che gli antichi romani usassero il verbo amare per indicare ciò che piace, affiancando i termini placere e delectare, forme molto più colloquiali.

Diligere, come il suo sinonimo observare, è invece un termine che contiene intrinsecamente il concetto di essere affettuoso come conseguenza della stima, opportuna descrizione dell’amicizia tra due uomini, composta da affetto e stima. I sostantivi derivanti, ossia diligentia ed observantia, percorrono strade differenti.

Il primo ammette il significato di prudenza, dimostrando poca sovrapposizione semantica col verbo, il secondo invece denota la stima e l’affetto, aderendo perfettamente al verbo generante.

Esiste poi un ulteriore lemma, il termine caritas, usato con accezione di “amore caritatevole”.

L’amore è un argomento trattato ampiamente anche dalla filosofia, sebbene non sia uno dei più centrali. Il primo filosofo a trattare dell’amore è Empedocle, egli vede il divenire come se fosse determinato dal dualismo dialettico amore/odio, intese come forze opposte dell’Essere, idea di unità e fusione che sottende al concetto di amore. Successivamente, anche Platone parla dell’amore, riferendosi però alla metafisica, vedendolo come aspirazione e tensione verso il divino Bene da cui le idee dipendono come attributi. É invece trattato in chiave più umana, nel Simposio, nel Fedro e anche nello Ione. Aristotele descrive invece la differenza tra eros e philia, introducendo altresì l’idea di conflitto tra amore di sé e amore per gli altri. Si giunge poi alla filosofia cristiana con Sant’Agostino, il quale inverte il platinico concetto di amore come movimento dall’uomo a Dio, affermando invece che esso è un movimento che va da Dio all’uomo, Tommaso d’Aquino, aristotelico, il quale definisce l’amore “volere il bene di un altro”. Spinoza torna a trattare l’amore come movimento “verso Dio”, ossia come unità-totalità perfetta e compiuta, da parte delle menti umane, parti “pensanti”, verso Dio, suprema “Cosa Pensante”. Gottfried Leibniz descrive invece l’amore come “essere deliziati dalla felicità di un altro”.

Arthur Schopenhauer, in epoca più moderna, torna a definire l’amore, vedendolo come un’illusione della voluntas-Volontà, ossia l’essenza di tutte le cose che esistono, che si perpetua attraverso la riproduzione. Per Hegel l’amore supera il diritto, diventando qualcosa che oltrepassa ed è più importante, ancora Friedrich Nietzsche ne tratterà affermando che “Quel che si fa per amore, è sempre al di là del bene e del male.”

L’amore è stato descritto anche in ambito psicologico, grazie al quale è stato possibile individuare degli elementi comuni, che hanno contribuito alla creazione di una descrizione tecnico-scientifica tramite l’individuazione di tre fasi principali: infatuazione o innamoramento, attrazione e attaccamento.

L’amore, secondo questo sistema, inizia nella fase dell'”infatuazione“, forte il coinvolgimento passionale, con scarsa presenza di altri elementi, ruolo decisivo è quello dell’aspetto fisico. Con il passare del tempo si giunge alla fase detta “attrazione” nella quale si valutano diversi fattori come la sua cultura, i suoi valori, quindi nell’interiorità. Giunti alla fase dell'”attaccamento“, poi, l’elemento fondamentale è la fedeltà.

Naturalmente l’amore si ripercuote sulla vita quotidiana, ma non solo dal punto di vista sentimentale, bensì anche da quello biologico.

Il neurobiologo Semir Zeki ha infatti effettuato un curioso studio riguardante i possibili circuiti neuronali implicati nel sentimento d’amore, delineando una strettissima connessione fra l’amore romantico e quello materno.

Sono stati importanti anche i progressi in ambito di neuropsicologia cognitiva, grazie ai quali l’amore romantico è stato rivelato essere una componente fondamentale del sistema motivazionale e di ricompensa degli esseri umani.

Resta solamente la trattazione di quello che è il tema fondamentale inerente all’amore, ossia l’amore in prospettiva politica, soprattutto moderna.

Ultimamente è stato coniato il termine amore libero per caratterizzare quel particolare movimento sociale opposto all’istituzione del matrimonio. Nel XIX secolo c’era ancora la ferma convinzione che il matrimonio fosse un aspetto fondamentale dell’esistenza umana, creando una visione distorta dell’amore, associato quasi ad una sorta di sottomissione forzata da parte delle donne, spesso vittime di violenza domestica e non, spesso costrette ad unirsi al proprio stesso aggressore, basti ricordare i cosiddetti “matrimoni riparatori”, spesso sfruttati da uomini intenzionati solo ad ottenere la vicinanza della donna anelata.

Nel XX secolo si hanno però i primi cambiamenti, le prime rivolte, la nascita del movimento femminista con la progressiva presa di coscienza da parte delle donne, le quali hanno iniziato per la prima volta a pretendere ad alta voce, tra le altre cose, di poter giustamente amministrare il proprio corpo nella maniera che meglio preferivano, ribaltando quello che era il concetto di amore fino ad allora esistito.

Nel XX secolo si ha anche una rivalsa di quella che è la concezione più edonistica dell’amore.

Nel XXI secolo la concezione amorosa ha subito un’ulteriore variazione, difficile affermare se essa sia positiva o meno. L’uguaglianza sociale tra uomo e donna risulta essere un obiettivo ormai completamente raggiunto, la donna non è sottoposta più legalmente al proprio marito, non viene più discriminata ed è anzi accettata in ogni ambito lavorativo. Dal punto di vista sentimentale si assiste però ad una sempre maggiore perdita di quei valori fondamentali alla sopravvivenza di qualsiasi relazione.

La fedeltà sembra essere diventata quasi un’utopia, nel mondo moderno si vive un amore fin troppo lascivo, fin troppo sregolato, puntato alla mera fisicità di ogni atto, senza la benché minima considerazione di tutto l’aspetto sentimentale del relazionarsi. Ciò porta ad una sorta di perdita di certezza nell’essere umano.

L’amore resta comunque un concetto tanto oscuro, quanto personale, quasi impossibile da spiegare e caratterizzare appieno, un concetto mutevole e multiforme che aria al variare delle epoche e delle ideologie, resta per l’appunto aperto un dubbio fondamentale: motore immobile della società, sostentamento degli artisti, materia prima dei filosofi, che cos’è propriamente l’amore?

Emanuele Marino
Emanuele Marino
Giornalista pubblicista, nonché studente universitario iscritto alla facoltà di Lettere Moderne presso l'Università degli studi di Napoli Federico II