La variante Omicron è uno dei virus più contagiosi di sempre. Una caratteristica che lo ha porta, almeno parzialmente, a perdere carica virale. Il minor impatto sulle persone si deve, però, all’azione del vaccino.
Nel corso dei giorni, cresce la conoscenza che abbiamo della variante Omicron. Svariati studi, riportati nelle ultime settimane, mettono in luce le nuove caratteristiche della nuova “versione” Covid. Il dato positivo è che gli studi, confermano che la malattia data da Omicron sia meno forte e debilitante rispetto alla variante Delta. Il dato negativo, riguarda la velocità del contagio, può portebbe comunque condurre a delle importanti difficoltà per gli ospedali.
Bisogna capire se la relativa virulenza è capace di compensare la rapida contagiosità per quanto riguarda la situazione dei nosocomi.
Tale riflessione nasce dal fatto che, se una malattia con effetti meno evidenti è un bene per il singolo, l’elevata contagiosità diventa una sfida per il sistema sanitario.
Intanto è chiaro che con la vaccinazione, ed con la terza dose di vaccino, le probabilità di ricovero e decesso dovute all’infezione di Omicron sono molto scarse.
Il codice genetico di Sars-Cov-2 non è da meno. Dalla prima sequenza rilevata e analizzata nel mese di gennaio 2020, sono tante le mutazioni che si sono susseguite. Questo è un fenomeno comune. Più il virus si moltiplica e più è soggetto ad errori. Sul fronte Sars-Cov-2, quando queste mutazioni si susseguono nel tempo, o comunque quando si presentano condizioni specifiche, (come l’infezione nelle persone immunocompromesse) può succedere che il virus cambi le proprie caratteristiche e che si traduca in una variante del virus iniziale.
La variante virale che si sta diffondendo portando nuovi contagi, è la variante Omicron, trovata a inizio dicembre in Sudafrica e studiata a causa dell’elevato numero di mutazioni che presenta.
Omicron: un meccanismo d’azione differente
La caratteristica cardine della Omicron è la sua alta contagiosità. Le ondate in corso, che non possiamo paragonare alle precedenti, in parte Europa e in America sono la prova di quanto il virus sia più veloce delle della varianti precedenti.
Il grande dubbio degli scienziati riguardava i dati che arrivavano dal Sudafrica, e poi dal resto del mondo, colpito da Omicron.
Quando ad aumentavano i contagi, la relazione tra ricoveri e decessi non seguiva le stesse modalità delle ondate precedenti in cui c’ erano i vaccini.
Partendo da questa constatazione sono cominciati molti studi finalizzati a conoscere le nuove caratteristiche della variante Omicron.
Uno dei più solidi, effettuato da un team internazionale, gestito dal professor Ravindra Gupta del Cambridge Institute for Therapeutic Immunology and Infectious Diseases, ha ha trovato che la variante Omicron, rispetto alle precedenti, perde efficienza durante il processo di ingresso delle cellule. Interagendo in modo meno efficace con la proteina TMPRSS2, il virus perde la sua capacità di formare “sincizi”, ovvero le strutture la cui presenza causala malattia.
Una caratteristica che spiegherebbe almeno in parte la minore virulenza della variante. Tali dati sono comprovati sia in un’analisi dell’Università di Galsgow sia in un uno del consorzio giapponese G2P.
I risultati di questi studi sembrerebbero incoraggianti, infatti hanno analizzato i tessuti infettati in cui, danni e lo sviluppo di Omicron, parrebbero inferiori rispetto alle varianti precedenti.
Il virus dunque, stando a questi studi, sarebbe più contagioso ma meno letale della variante Delta.