Omicidio di Yara Gambirasio, emergono contraddizioni del Pm riguardo il dna che incastrò Massimo Bossetti, condannato all’ergastolo per la morte della 13enne scomparsa il 26 novembre 2010 a Brembate di sopra e ritrovata senza vita il 26 febbraio 2011.
Il muratore si è sempre dichiarato innocente e, dalla sua condanna, gli avvocati difensori hanno provato più volte a fare appello alla corte per riesaminare il campione di dna, prova regina contro Bossetti, che ne avrebbe dimostrato l’inoppugnabile colpevolezza.
Caso Yara Gambirasio, emergono contraddizioni sul dna prova regina della colpevolezza di Bossetti
Il procuratore Letizia Ruggeri, titolare dell’inchiesta sulla morte di Yara, è stato già interrogato a marzo 2021 riguardo lo stato di conservazione del campione di dna che, per la difesa, andrebbe riesaminato.
Al tempo, la Pm sostenne che non fossero rimaste tracce esaminabili di dna nelle provette, perché la maggior parte del materiale era stato utilizzato nel corso delle indagini. Ascoltata di nuovo il 19 maggio 2021 la Pm ribadì che il dna era “poca roba” e che sarebbe stato impossibile ripetere l’esame che ha decretato Bossetti come il colpevole.
Da qui, come riportato da Libero, emergono però le contraddizioni poiché il colonnello Lago e il Professor Casari sostengono l’esatto opposto. Già nella primavera del 2021 il Professor Casari aveva sostenuto che fosse possibile effettuare un altro esame con i campioni di dna ancora conservati.
Casari, nel 2021 a Venezia ha ribadito ciò che aveva sempre sostenuto anche nel processo in primo grado a Massimo Bossetti: “Avendo preso in carico tutti i dna che abbiamo al San Raffaele, quindi sono rimasti ancora tutti a disposizione, li abbiamo ancora tutti e non abbiamo finito alcuna aliquota“.
Conclude: “C’è ancora materiale per ulteriori indagini, volendo“. La corte di cassazione, nel respingere le richieste d’appello degli avvocati di Bossetti, si è fidata dei giudici d’appello.
Secondo quanto dichiarato da Casari, inoltre, la Pm Ruggeri era perfettamente consapevole di questo poiché lei stessa aveva ordinato di conservare il restante dna al San Raffaele per mantenerlo alla temperatura di -80° C o -20° C per garantirne la conservazione.