Se si pensa alle macchine da scrivere, il primo nome che viene in mente ad ogni italiano è quello di Olivetti. La macchina da scrivere è un piccolo miracolo tecnologico che ha permesso di fare passi da gigante nell’ambito della comunicazione. All’epoca, le macchine per la dattilografia negli uffici venivano prodotte dalle aziende statunitensi Remington e Underwood; mentre in Europa la produzione era affidate alle sole aziende tedesche. Mancava dunque una società italiana che producesse questi preziosi macchinari: Camillo Olivetti, insieme ad altri dodici soci e grazie ad un capitale di 350mila lire, il 29 ottobre 1908, fondò una società in grado di progettare e costruire macchine da scrivere. Il tutto ebbe iniziò ad Ivrea dove fu fondata la “Ing. C. Olivetti & C”, prima fabbrica in Italia a produrre macchine per scrivere: il primo esemplare, denominato M1, fu presentato nel 1911 all’Esposizione universale di Torino (organizzata per celebrare il cinquantenario dell’Unità d’Italia). Nel 1912 venne poi aperta una filiale a Milano. L’attività crebbe sempre di più fino ad abbracciare la produzione di calcolatori elettronici e poi in seguito, personal computer. Fu poi Adriano Olivetti, secondogenito di Camillo e Luisa Revel che alimentò sempre di più la fama della società, aprendo un negozio a Venezia nel 1957, coadiuvato dall’architetto Carlo Scarpa. L’innovazione del negozio consisteva nell’essere un vero e proprio showroom, un po’ come i negozi Apple a cui siamo abituati: infatti, più di una persona ha ipotizzato che Steve Jobs per i suoi Apple Store si sia ispirato ai negozi dell’Olivetti che furono aperti a New York.
Nel 1965, venne prodotto il primo vero personal computer, Programma 101: vennero venduti 40mila esemplari e persino la NASA ne sfruttò la potenza di calcolo per i programmi spaziali. Una delle caratteristiche di Olivetti che lo distinsero da molti altri industriali, fu il suo essere un imprenditore “illuminato”: investì molto nel benessere dei suoi lavoratori creando biblioteche, asili nido, sale di concerto e sale di risposo nella sua fabbrica di Ivrea, motivo per cui fu molto amato dai suoi impiegati.