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O’ mellunaro, l’antico venditore di cocomeri e meloni

La città di Napoli è un luogo avvolto da un fascino misterioso, il quale occulta dietro di sé arcani inspiegabili. Inoltre, il suo glorioso passato tende spesso a catapultarsi nella dimensione odierna e a condizionarla. Nel suo glorioso passato rientrano anche le antiche professioni praticate secoli fa; alcuni tra essi sono svolti persino attualmente, altri, invece, sono precipitati nell’oscuro oblio del baratro. Anche o’ mellunaro, remota attività, è stato uno dei personaggi principali della città partenopea dell’800′.

Questo mestiere, emblema della tradizione napoletana, era rappresentato dal venditore di angurie o meloni. O’ mellunaro vagava per le vie della città e vendeva differenti tipologie di questa pianta: dai “mellun ‘e acqua” ai meloni gialli, passando attraverso quelli verdi da conservare sospesi in un reticolo di paglia e da mangiare durante le festività natalizie. Un venditore alquanto bislacco, dai gusti piuttosto strambi, il quale era capace di attirare l’attenzione dell’intera folla del tempo.

O’ mellunnaro: la storia dell’antica professione napoletana

Connesso alla tradizione popolare napoletana, le origini de o’ mellunaro affondano le loro radici nell’antichità del passato. La Fontana Grande, simbolo di Castellammare di Stabia, infatti, offriva a tutta la popolazione l’acqua limpida necessaria per gli illustri e squisiti cocomeri del tempo, pietanza tipica del comune campano. Trainato dal suo cavallo, si recava a zonzo tra i vicoli rumorosi e frastornati della città di Napoli con il proprio carretto, straripante dei suoi numerosi prodotti da vendere al primo cittadino con cui entrava in contatto.

I mellunari più spumeggianti solevano organizzare al momento cabaret di piazza. Essi, infatti, si accingevano a tentare di convincere tutti gli individui ad acquistare parte delle loro derrate attraverso delle vere e proprie aste. Spesso, inoltre, offrivano la possibilità ai viandanti di assaggiare il frutto, staccandolo direttamente dalla punta del coltellaccio. Questo perché prediligevano garantire ai clienti di gustare anzitempo la qualità e il gusto dell’alimento.

Teneno ‘o fuoco d’ ‘o Vesuvio ‘ dinto”; “’Nce sta ‘o diavolo ‘a dinto: vih, che fuoco ‘e ll’inferno”; “Jammo, nu sordo: mange, vive e te lave ‘a faccia”. Queste erano le tipiche frasi, urlate ai quattro venti, dai mellunari. Grida e schiamazzi roboanti, inclini a stuzzicare l’interesse della folla.

Sebbene sia stata sostituita da altre professioni, la figura del mellunaro è presente anche nella dimensione napoletana odierna. Entra costantemente in contatto con il popolo partenopeo, scatenando clamore e baccano tra i vicoli della città. I carretti di questi personaggi sono stati sostituti con i camion odierni, inamovibili dagli angoli delle strade o nei punti migliori della città. Nel corso degli anni o’ mellunaro ha subito delle variazioni, ma è rimasto semore un simbolo della bella Napoli.