La tradizione di Napoli è ricca di intrighi e di misteri, stracolma di segni peculiari di un folclore glorioso e millenario. Alcune professioni napoletane del passato non sono più in voga, ma precedentemente erano caratteristici della città campana. Fino agli anni ’50 del secolo scorso non era insolito trovare lungo le strade del centro urbano i banchetti dei “cagnacavalle“, in italiano “cambiacavalli“, attività attualmente ormai scomparsa.
O’ cagnacavalle: l’antico cambiavaluta del passato napoletano
Il mestiere del “cagnacavalle” è molto antico, il nominativo bislacco deriva direttamente dal primo nominale completamente in rame, il Cavallo. Quest’ultimo era uno degli emblemi di Napoli, introdotto nel regno nel 1472 da Ferdinando d’Aragona. Ubicato ed immobile nel suo banchetto, mantenuto da quattro rotelle, il cambiavalute aspettava vigile i “furastieri“, gli stranieri, per effettuare il cambio delle monete e conservare una piccola porzione di commissione.
Le monete di rame, presenti sul banchetto, erano facilmente visibili, posizionate in monticelli, in modo tale da garantire l’utilizzo all’arrivo del clienti. Le monete d’argento, invece, erano poste in apposite scodelle e fatte conservare in cassetti non eccessivamente grandi, denominati “tiraturi“, di cui era provvisto il banco. Spesso, inoltre, erano rivestite da un panno e conservate nelle tasche dei vestiti o anche nella scollatura del vestito, solo se il cagnacavalle era donna.
Per quanto concerne le monete d’oro, difficilmente erano cambiate da tali individui. Le condizioni economiche di quest’ultimi era poco elevate per garantire loro la possibilità di possedere dei quantitativi di monete più preziose. La bottega era la sede principale del cambio di queste monete, aperta da qualche professionista investito da una dose di fortuna maggiore. Tra i cagnacavalle, numerose erano le donne le quali decidevano di occuparsi con molta dedizione a questa professione.
Questo mestiere, però, cominciava a scomparire dal 1861 circa, dopo l’unita d’Italia, l’introduzione e l’utilizzo costante della lira. Con quest’ultima, infatti, si iniziava ad adottare il sistema di conio decimale, il quale non si basava su peso, grandezza e materiale della moneta per decretarne il valore. Un audace ed importante passo in avanti, che, di fatto, ha eliminato uno dei mestieri partenopei più rilevanti.