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Muro di Berlino, la storia di un simbolo

L’obiettivo del muro di Berlino era quello di impedire la libera circolazione delle persone tra il territorio della Germania Est e Berlino Ovest, ossia la Repubblica Federale di Germania.

Da sempre simbolo per eccellenza della cortina di ferro, linea di confine europea tra le zone controllate da Francia, Regno Unito e U.S.A. e quella sovietica, durante la guerra fredda.

Il muro ha circondato Berlino Ovest, dividendo in due la città, per ben 28 anni, in particolare dal 13 agosto del 1961 fino al 9 novembre 1989, giorno in cui il governo tedesco-orientale riaprì le frontiere con la repubblica federale

Particolarmente caldo risulta essere l’argomento, anche perché Berlino Ovest e Berlino Est potevano vantare frontiere militarizzate, oltre i due muri paralleli di cemento armato separati dalla cosiddetta “striscia della morte”, un largo di alcune decine di metri, teatro di morte e terrore per tutti coloro che provarono anche solo a giungere all’altro capo del confine.

Secondo i dati ufficiali furono uccise dalla polizia di frontiera della DDR almeno 133 persone, ma molti considerano i dati inattendibili, affermando che furono più di 200 le persone uccise mentre cercavano di raggiungere Berlino Ovest o catturate e in seguito assassinate.

La riapertura del muro, con l’abbattimento della barriera fisica, è un evento passato alla storia mondiale.

La storia del muro

1945, non appena terminata la seconda guerra mondiale scoppiò immediatamente la Guerra Fredda che vide contrapporsi Unione Sovietica e Stati Uniti. La Germania fu il teatro di questa guerra trascinatasi oltremodo in forme più o meno aspre fino agli anni ottanta.

La Germania, occupata dai vincitori della guerra, era divisa in quattro zone, quella appartenente all’Unione Sovietica fu sottoposta ad una vera e propria restaurazione. Durante la guerra aveva pagato il prezzo più alto in vite umane e risorse economiche e adesso pretendeva un risarcimento altissimo dalla Germania, fabbriche, ingenti quantità di materie prime. Questi i presupposti che fecero si che Stalin si creasse molti nemici in Germania.

Gli americani avevano invece capito di aver bisogno di alleati in Germania affinché quest’ultima divenisse l’avamposto contro l’Unione Sovietica, immediati furono i loro aiuti per la Germania: gli americani, dopo essere stati sanguinosi nemici dei tedeschi volevano dimostrare di essere adesso loro amici. Dall’inizio gli americani cercarono anche di creare alleanza tra la loro zona a quelle occupate da inglesi e francesi, creando una vera e propria coalizione contro i russi.

Quasi immediatamente al termine della guerra la Germania era divisa, anche se solo 4 anni dopo si assisterà alla definiva separazione, avvenuta nel 1949.

Tranne gli stessi tedeschi, nessuno voleva una Germania realmente unita, tanto che la divisione della stessa accontentò tutte le differenti fazioni. La Germania era oggetto della Guerra Fredda e non aveva ancora né la forza, né la reale possibilità di sottrarsi al dominio e alla concorrenza delle due superpotenze USA e URSS.

La “DDR”, acronimo di Deutsche Demokratische Republik”, Repubblica Democratica Tedesca, all’est era sotto l’influenza dell’Unione Sovietica e la “BRD”, acronimo di “Bundesrepublik Deutschland”, Repubblica Federale della Germania, all’ovest, era l’influenza degli Stati Uniti.

Dal punto di vista economico la Germania occidentale visse negli anni 50 un fortissimo boom, la Germania Federale riuscì in breve tempo a diventare nuovamente una nazione rispettata per la sua forza economica.

La parte orientale versava in uno stato di maggiore difficoltà, era svantaggiata all’inizio per le pressioni dell’Unione Sovietica, la rigida pianificazione nazionale dell’economia non favorì lo stesso sviluppo.

Quanto più si andavano definendo in queste due “Germanie” delle vere e proprie entità politiche salde, tanto più si sentivano le differenze tra di esse dal punto di vista economico e sociale.

Il confine tra est ed ovest non era però ancora insuperabile, motivo per il quale, nel corso di tutti gli anni ’50, centinaia di migliaia di persone fuggivano ogni anno dall’est all’ovest, perlopiù giovani con meno di 30 anni, con una buona formazione professionale, laureati, operai specializzati e artigiani, che all’ovest andavano alla ricerca di una vita migliore, contribuendo però al dissesto economico della Germania dell’est, fu così che nelle prime ore del 13 agosto del 1961 le unità armate della Germania dell’est interruppero tutti i collegamenti tra Berlino est e ovest e iniziarono a costruire, davanti agli occhi esterrefatti degli abitanti di tutte e due le parti, un muro insuperabile che avrebbe attraversato tutta la città.

Non solo a Berlino ma in tutta la Germania il confine tra est ed ovest diventò una trappola mortale, i soldati della DDR ricevettero l’ordine di sparare su tutti quelli che cercavano di attraversare la zona conosciuta come “striscia della morte”.

In questo modo, negli anni 60 e 70, la DDR visse anch’essa un boom economico, divenendo la nazione economicamente più forte tra gli stati dell’est.

I tedeschi ormai si stavano rassegnando alla divisione, la prospettiva di una riunificazione si faceva sempre più lontana, era un qualcosa di utopistico nella situazione dell’epoca, motivo per il quale iniziarono a vivere adeguandosi alla condizione di perenne reclusione.

Non mancarono ovviamente degli atti di resistenza, molti persero la vita cercando di attraversare il confine, molti cercarono di fare breccia nella costruzione armata, ma nessun atto di ribellione al sistema politico venne lasciato impunito.

L‘arrivo di Gorbaciov come leader dell’Unione Sovietica e le crescenti difficoltà politiche ed economiche dei paesi dell’est e specialmente della DDR portarono ad una situazione tale da sconvolgere tutti.

Con la “Perestroika”, ossia la radicale trasformazione della politica e dell’economia, nonché con la “Glasnost”, si puntava ad una maggiore trasparenza politica. L’evento decisivo affinché si giungesse alla caduta del muro fu invece la decisione di Gorbaciov di lasciare libertà agli altri paesi del Patto di Varsavia promettendo di non intromettersi più nei loro affari interni.

In Polonia e in Ungheria Gorbaciov trovò moltissimi alleati. Intanto arrivavano dall’URSS e dagli altri stati dell’est notizie di riforme economiche e democratiche, motivo per il quale la popolazione della DDR scalpitava chiedendo di fare lo stesso nel loro paese. I leader della DDR restavano rigidi ad ogni richiesta del genere generando un vero e proprio abisso tra popolazione e governo, seppur la rassegnazione fosse ancora la reazione più comune.

Questo anche perché alla fine degli anni 80 la DDR era economicamente forte, l’apparato statale sembrava indistruttibile. Nessuno poteva prevedere il crollo verticale che nel 1989 sarebbe avvenuto in pochissimi mesi.

Lasciare la DDR in direzione ovest equivaleva ancora a un suicidio, ma nell’estate del ’89 la popolazione trovò un’altra via di fuga, le ambasciate della Germania Federale a Praga, Varsavia e Budapest.

Il forte assalto a queste tre ambasciate minò la sopravvivenza della DDR, ma il colpo di grazia arrivò quando l’Ungheria, il 10 settembre del 1989, aprì i suoi confini con l’Austria.

Si poteva percorrere la Germania da est ad ovest attraverso l’Ungheria e l’Austria.

Molte furono le manifestazioni contro il regime, che seppur ancora pericolosissime perché quest’ultimo deteneva ancora il controllo delle forze dell’ordine e non temeva di utilizzarle, queste aumentarono giorno dopo giorno.

La sera del 9 novembre un portavoce del governo della DDR annunciò una riforma riguardo la legge sui viaggi all’estero. La gente di Berlino est decretò che il muro dovesse sparire subito. Furono migliaia le persone che si riunirono all’est davanti al muro, ancora sorvegliato dai soldati, ed altrettante attendevano dall’altra parte del muro. Quella notte, qualcuno, del quale ancora oggi si ignora il nome, dette l’ordine ai soldati dei posti di blocco di ritirarsi e, tra lacrime ed abbracci, migliaia di persone dall’est e dall’ovest, scavalcando il muro, si incontravano per la prima volta dopo 29 anni.

Il muro era crollato ma esistevano ancora due stati tedeschi, le leggi, le scuole, le università, tutta l’organizzazione della vita pubblica era diversa. Era rinata la speranza, ma nelle prime settimane dopo il 9 novembre dell’89 nessuno sapeva ancora come realizzarla e in quanto tempo.

La gente all’est non voleva più aspettare, desiderava ricreare un proprio benessere personale dopo la caduta del muro, fatto sta che il flusso dall’est all’ovest aumentò di colpo dissanguando di nuovo l’est.

Fu il caos nella DDR, la riunificazione non era più una possibilità, ma una necessità, necessità che venne risolta il 3 ottobre del 1990, i due stati non vengono riuniti, ma uno dei due stati, cioè la DDR, si sciolse e terminò ad esistere e le regioni della DDR vennero annesse in blocco alla Repubblica Federale. Scelta frettolosa ma necessaria, appunto.

Gorbaciov giocò senz’altro un ruolo di vitale importanza all’interno di questa scena politica così frastagliata, ma non bisogna dimenticare di riconoscere il proprio valore nell’impresa anche alle ambasciate, in particolare a quella Ungherese ed Austriaca che aprendosi l’un averso l’altra hanno consentito quella valanga inarrestabile che portò in pochissimo tempo alla caduta del muro di Berlino.

Ruolo molto importante e spesso trascurato hanno avuto anche i centinaia di migliaia di cittadini della Germania dell’est che sfidarono, nei mesi prima della caduta del muro, l’apparato statale della DDR, rischiando anche la propria vita.

Ancora oggi la Germania è ancora lontana dall’essere un paese veramente unito, essendo stata divisa fisicamente per 40 anni non è del tutto escluso che debbano passarne altri 40 anni prima che anche le ferite del passato siano chiuse.

Emanuele Marino
Emanuele Marino
Giornalista pubblicista, nonché studente universitario iscritto alla facoltà di Lettere Moderne presso l'Università degli studi di Napoli Federico II