Uscito il 4 aprile nei cinema italiani, Monkey Man sta riscuotendo molto successo sia tra la critica che tra il pubblico (rispettivamente 88% e 84% su Rotten Tomatoes). Questo film segna il debutto di Dev Patel alla regia che ha contribuito al film anche in altre vesti: produttore, co-sceneggiatore (insieme a Paul Angunawela e John Collee) e attore protagonista. Insieme a lui nel cast compaiono Pitobash nei panni di Alphonso e Sobhita Dhulipala in quelli di Sita; i due antagonisti, Rana Singh (capo della polizia) e Baba Shakti (santone, ma anche importante leader politico) sono invece interpretati rispettivamente da Sikandar Kher e da Makarand Deshpande. Con Monkey Man, un revenge movie fresco e originale (e si potrebbe aggiungere molto splatter) Dev Patel racconta un’India connotata da forti divisioni in primis sociali e poi politiche e religiose.
La storia di Kid
Monkey Man racconta le vicende di Kid, un ragazzo cresciuto nel pieno della foresta indiana con sua madre Neela, la quale gli racconta le storie della divinità Hanuman, l’uomo scimmia del poema epico indiano Ramayana. A turbare quell’equilibrio è Baba Shakti, un leader politico senza scrupoli di Yatana, immaginaria città vicina al villaggio di Kid, che desidera conquistare le terre limitrofe per i suoi interessi. Per farlo incarica Rana Singh di scacciare gli abitanti dei villaggi con ogni mezzo possibile. Tutta la popolazione viene massacrata e le abitazioni vengono bruciate; Kid si salva grazie all’intervento della madre che riesce a metterlo al sicuro, ma che tuttavia muore per mano di Rana Singh. Kid vede sua madre morire e ciò lo segna a tal punto che da quel momento, pone al centro della sua vita il desiderio di vendetta. Una volta cresciuto si guadagna da vivere combattendo sul ring con il nome di Monkey Man e indossando una maschera da scimmia, questo finché non riesce finalmente a infiltrarsi nei club frequentati dalla parte benestante della popolazione, dove finalmente potrà ottenere la sua vendetta.
Gli imprevisti del film
Di certo le origini di Monkey Man non sono state fortunate: prima di tutto le riprese del film si sono ritrovate a dover affrontare il Covid che ha impedito a Patel di girare nelle location scelte inizialmente; infatti, dall’India la troupe si è dovuta spostare nell’isola di Batam, in Indonesia. Una volta sul set i problemi non sono finiti: durante le riprese della prima scena di combattimento, Patel ha avuto un incidente: una vite si è conficcata nel mignolo. Il regista/attore ha raccontato così l’incidente: “Tutto ciò che poteva andare storto, è andato storto. Nella prima scena d’azione, sono come un manichino da crash test: usano la mia faccia per rompere ogni pezzo di porcellana in un bagno e la mia mano. Ho sentito uno scatto nella mano e ho pensato: non va bene! Ma mi sono detto: ci sono 450 persone su quest’isola, se io affondo, il film fallirà. Ho detto al mio produttore: non dire niente, continuiamo a girare! A fine giornata la mia mano era come la zampa di un elefante!”. L’attore ha inoltre contratto un’infezione all’occhio, strisciando sulle piastrelle del bagno, mentre girava le scene di lotta. Si è dovuto anche fare economia su tutto, tranne che sui costumi. I problemi sono continuati anche quando sono finite le riprese a marzo 2021: infatti, Netflix non volle distribuirlo, tirandosi indietro perché la pellicola era considerata troppo controversa per il mercato indiano, abituato a film molto più patriottici e meno critici della disparità sociale. A risolvere la situazione è stato Jordan Peele: il regista è rimasto così colpito dal film che si è offerto di unirsi alla produzione e grazie ai suoi buoni rapporti con Universal Pictures, è riuscito a trovargli una distribuzione.
Folklore e ritmo giusto: analisi del film
I capisaldi a cui Dev Patel si è ispirato sono chiari, tra Tarantino e la saga di John Wick, di cui il regista è molto fan, ma in questo film il genere del revenge movie è stato arricchito da un discorso più profondo e da una critica sociale molto efficace; ad arricchire ulteriormente la trama è l’aspetto del folklore e della mitologia induista in cui Hanuman diventa un omologo del protagonista: Kid infatti proprio come la divinità vive la caduta e la rinascita, una rinascita che è anche spirituale. Si potrebbe infatti dividere il film in due parti: ad un certo punto la vendetta del protagonista non è più egoistica e individuale, ma diventa la voce della parte della popolazione che vive la miseria dei bassifondi. Quello di Patel è un montaggio frenetico dalle inquadrature ravvicinate che crea il giusto ritmo e comunica il senso di tensione del protagonista, ma che a tratti risulta confusionario. La fotografia in alcuni momenti si rivela interessante come dimostra la scena dell’ascensore rosso. Nonostante le imprecisioni, Patel ci mostra quindi un esordio profondamente promettente e originale.