Lo studio INTERGROWTH-21, condotto da alcuni ricercatori dell’ Università di Oxford, ha dimostrato che i dati relativi alla crescita dei feti e dei neonati al momento della nascita, specialmente la lunghezza, non dipendono da fattori genetici ed etnici, ma dal livello di benessere delle madri. I bambini nati da genitori sani, istruiti, benestanti e ben nutriti e in ambienti con un basso tasso di inquinamento presentano in media le stese caratteristiche fisiche in tutto il mondo.
Lo studio, finanziato dalla Bill and Melinda Gates Foundation, ha preso in esame 60.000 casi di gravidanza di madri tra i 18 e i 35 anni in differenti Paesi: Stati Uniti, Gran Bretagna, Brasile, Italia, Cina, India, Kenya e Oman, riscontrando livelli di crescita simili quando i bambini vengono dati alla luce in buone condizioni di vita, cioè in contesti in cui l’inquinamento, le radiazioni, o il livello di sostanze tossiche sono bassi o non esistenti. La lunghezza dei feti, così come la circonferenza della testa dopo la nascita, variano pochissimo da Paese a Paese, quando la madre riceve cure prenatali a cominciare da prima della 14ª settimana di gravidanza. Se i genitori presentano differenze anche marcate per quanto riguarda la loro altezza, ad esempio gli indiani di solito sono più bassi degli americani, la lunghezza dei neonati al momento della nascita non varia di molto, come sottolineato da Julie Back in un articolo per il giornale The Atlantic. La lunghezza dei neonati al momento del parto varia tra l’ 1,9 al 3,5 % nelle diverse regioni geografiche del pianeta, mentre la misura media si attesta intorno ai 49,5 centimetri.
Questo risultato ha portato ad una scoperta epocale: l’etnicità, ritenuta fino a questo momento la causa principale delle differenze in termini di misura e peso dei neonati, non c’entra con il loro sottosviluppo. I bambini nascono più piccoli quando le madri vivono situazioni difficili, come malnutrizione, povertà, inquinamento o guerra, e quando non ricevono cure adeguate durante il periodo in cui il bimbo è nell’utero. la genetica c’entra, ma non è il fattore determinante, ciò che più conta di più sono le condizioni di vita della madre, la sua salute e il suo livello di istruzione. Questo basta a spiegare come mai in certe aree del mondo, quelle a medio e basso reddito e con alti tassi di inquinamento o malnutrizione, i bambini nascono più piccoli e con più probabilità di contrarre malattie durante l’arco della loro vita o di riscontrare problemi come diabete e disturbi cardiovascolari. Questo inevitabilmente diventa un fardello per la società, che è chiamata a sostenere i costi per le cure mediche dei cittadini.
I risultati raggiunti dai ricercatori di Oxford sono perfettamente in linea con uno studio simile commissionato dalla Organizzazione Mondiale della Sanità, WHO, e realizzato tra il 1997 ed il 2003, il quale aveva già rilevato che i fattori etnici e genetici non bastano a spiegare il sottosviluppo dei neonati. Il team di scienziati della celebre università britannica ha utilizzato gli stessi metodi di ricerca e di monitoraggio dello studio della WHO, il Multicentre Growth Reference Study on healthy infants and children, che ha determinato i tassi di crescita ottimali di bambini fino al quinto anno di età, utilizzati come riferimento in oltre 140 Paesi in tutto il mondo.
Accade sovente che in un Paese un feto venga considerato troppo piccolo, mentre in un altra regione del mondo potrebbe essere visto come normale. Lo scopo ultimo dello studio INTERGROWTH-21, è quello di arrivare a stabilire degli standard internazionali di riferimento che possano indicare i livelli di crescita ottimali per i feti e i neonati; standard che servano quindi a dire quanto un bambino debba crescere quando la madre ha un buon livello di salute, di nutrizione e di status sociale. Il lavoro, oltre a costituire un chiaro e urgente monito, è al tempo stesso anche un messaggio di speranza. La scienza ha parlato, qualcosa ora dovrà cambiare, affinché anche a chi nasce in contesti pochi fortunati possa essere garantito il diritto alla salute.