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MEZZOCANNONE: Il mistero della fontana

MEZZOCANNONE: Il mistero della fontana

Via Mezzocannone è una delle strade più famose del centro antico di Napoli. Forse perché sono in tanti a collegarla ai loro studi universitari, passati o presenti, dato che costeggia la sede centrale della Federico II e di alcune sue Facoltà. Un tempo peraltro molto più numerose, essendo state in buon numero trasferite in strutture più moderne e decentrate.

Origine del nome Mezzocannone

Pochi invece conoscono l’etimologia di questo nome, che  risale ad una fontana situata a circa la metà della sua originaria lunghezza, voluta nel Quattrocento da Alfonso II Re di Napoli e duca di Calabria. La fontana fu citata, per la prima volta ne “L’inventario et cunto di tutte le fontane di Napoli dal 1498 al 1546” di Conforti.

‘O Rre ‘e Miezocannone

Addossata ad un  muro, era formata da una vaschetta in piperno rifornita da una cannola (o cannone) molto corta (da cui il termine mezzo) che fuoriusciva da una testa leonina racchiusa da una medusa . Nella nicchia soprastante, anch’essa di piperno, una statua un pò goffa rappresentava Re Alfonso. Ecco il motivo per cui all’epoca “‘o Rre ‘e Miezocannone” era un appellativo riservato a soggetti ridicoli e  impacciati .

Un’altra ipotesi collega invece il suo nome alle unità di misura della portata d’acqua della fontana. All’epoca erano canna e  cannone, e la fontana aveva appunto la portata di mezzo cannone. Pertanto l’antica via Fontanola col tempo avrebbe assunto il nome di via Mezzocannone.

Una fontana che era sempre stata oggetto di  scherno da parte dei napoletani, e a nulla era valso nel periodo vicereale (a metà circa del Seicento) il tentativo di abbellirla aggiungendo  due volute ornamentali ai lati del mascherone.

Una fontana poco amata

Aveva una portata insufficiente a riempire le tinozze, per cui come si vede in una stampa del D’Ambra i popolani avevano ideato una sorta di prolunga che consentiva all’acqua di saltare al di sopra della vaschetta (appena sufficiente per abbeverare un cavallo) e di riempire così i recipienti per l’acqua potabile e le pesanti tinozze da lavandaia poggiate ai suoi piedi.

In verità, prima che venisse allargata durante il Risanamento, la strada veniva chiamata Vicolo Mezzocannone, perchè era molto più stretta dell’attuale. Anziché cartolerie, librerie, case editrici e tipografie (tutte attività legate agli studi universitari) era popolata di tintorie, dalle cui  botteghe fuoriuscivano continuamente i residui colorati delle lavorazioni, rendendola scivolosa e sporca . Al punto che Salvatore Di Giacomo  definì il “budello di Mezzocannone” “un lurido intestino napoletano“.

L’antica Mezzocannone

E Matilde Serao nel suo “Il ventre di Napoli” così lo descriveva:” Eccolo, oscuro, fetido, pericoloso alle gambe, pericoloso alle gonne pulite, ai calzoni puliti, eccolo con le sue case senz’aria e senza sole, con le sue botteghe che sembrano dei sotterranei, ove sono dei tintori, dei venditori di vino e persino, lavorando nella via, delle ricamatrici di oggetti di chiesa, ricamatrici in seta e in oro: eccolo, col suo goffo re di Mezzocannone, sovra una vecchia fontana…”

La fontana sparita

Già prima del Risanamento la fontana versava in pessime condizioni. Da alcune immagini appare priva della vaschetta e invasa da vegetazione incolta al di sopra della nicchia. Probabilmente già aveva smesso di funzionare quando, per consentire l’ampliamento della strada, fu smembrata e i suoi resti, inizialmente  conservati in un deposito comunale, andarono successivamente e misteriosamente dispersi.

Negli anni Trenta con l’apertura del Parco Virgiliano (o della Rimembranza) per iniziativa dell’Alto Commissariato per la Provincia di Napoli, la viabilità di Capo Posillipo fu sottoposta ad un radicale rinnovamento con l’apertura di Viale Virgilio grazie al ponte che scavalca via Posillipo, nonché l’ampliamento di questa strada il cui tracciato risaliva ancora all’epoca borbonica.

La fontana ritrovata

Fontana di Capo Posillipo

 

In qualche testo si fa l’ipotesi l’ipotesi che proprio nei pressi del Ponte e dell’attuale stazionamento ANM sarebbe stata rimontata una parte dell’originaria Fontana di via Mezzocannone. Ma se confrontiamo la Fontana di Capo Posillipo (o meglio i suoi resti) con l’immagine della Fontana di Mezzocannone che ci è pervenuta con le stampe d’epoca, si notano subito notevoli differenze.

La nicchia in tufo non contiene alcuna statua ma ha solo funzione ornamentale. Si notano ancora una bella edicola  in piperno con lesene doriche (assente  nella fontana originaria) e una semplice vasca a coppa  in piperno. Ma allora perché questa ipotesi ?

L’unico elemento in comune è proprio la vasca che effettivamente sembra assai simile e potrebbe essere quella originale, recuperata dai depositi comunali. Magari nelle intenzioni dell’autore c’era un riferimento a quella primitiva, con la testa leonina (trafugata) a ricordare la medusa.

Ma in ogni caso che fine ha fatto il resto della fontana? Alcuni  pezzi furono ritrovati e riconosciuti  negli anni settanta dallo storico dell’arte Giancarlo Alisio nella Galleria Navarra a Piazza dei Martiri, all’epoca famosa bottega di antiquariato. In particolare egli riconobbe una tarsia quadrata in marmo con l’iscrizione dedicatoria ad Alfonso II e una testa di medusa da cui doveva fuoriuscire il mezzocannone .

Pezzi oggi conservati nei depositi del Museo di San Martino. I vecchi proprietari del negozio avevano più volte affermato di voler cedere la fontana al Museo di San Martino, ma  l’iter burocratico si era inceppato. Finchè nel 1992 un blitz della polizia tributaria, che aveva portato ad una denuncia degli eredi dei Navarra per omessa segnalazione di manufatto di pregio artistico, accelerò la donazione al Museo.

Le fontane del Babuino a Roma e a Napoli

Roma e Napoli avevano fino alla fine dell’Ottocento una strana coincidenza artistica: conservare due  tra le più brutte fontane d’Italia, se non di Europa. A Roma la celebre Fontana detta popolarmente del Babuino, tuttora visibile nell’omonima elegantissima strada, che era così soprannominata  per scherno a causa della statua sdraiata con fattezze scimmiesche .

Non era da meno Napoli, la cui Fontana di Mezzocannone  aveva la statua del Re talmente brutta da meritare impietose descrizioni.  Come la seguente: “Di non esser dissimil fatta è la Fontana di Mezzo Cannone, la quale posta in sito oscurissimo serve per lo più d’abbeveratoio alle bestie che portano dalla Marina pietre, calcina e legna. Vedasi in quella un grugno di babuino l’effigie di re Alfonso. Formata di calce sì goffamente, che non può non muover le risa di chi la mira”.

Mentre Roma ha conservato quel brano artistico di particolare bruttezza, Napoli l’ha smembrata e sparpagliata, a differenza di tante altre sue fontane che pure hanno subito continui spostamenti eppure sempre ricomposte nella loro integrità. Ma non sempre l’arte va preservata per il suo intrinseco valore. A volte va salvaguardata perchè rappresenta, nel bene o nel male, un pezzo di storia e un pezzo di memoria di una  città.