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Max Pezzali si racconta: “Ho la fobia del tempo che passa”

Max Pezzali, uno dei cantanti più amati e apprezzati, uno che ha segnato intere generazioni, torna a parlare in un’intervista dopo l’uscita del suo nuovo album “Qualcosa di nuovo”. L’ex 883 ha toccato tanti punti, dal suo stile al rapporto con il pubblico, evidenziando alcuni momenti che lo hanno particolarmente esaltato durante la sua trentennale carriera.

Max Pezzali tiene a sottolineare la peculiarità del suo stile, che talvolta può essere un limite, ma altre volte un vantaggio: “Nelle mie canzoni ho sempre raccontato ciò che ho visto. Questo perché non riuscirei ad esprimermi attraverso l’immaginazione. Per raccontare qualcosa con parole giuste, l’ho sempre fatto attraverso le mie emozioni e sensazioni che provavo. Ho sempre cercato di raccontarmi per quello che sono e mi son detto “Male che vada mi rifiutano, ma non dovrò impazzire a recitare una parte che non m’appartiene”. Forse è stato questo il segreto di arrivare così trasversalmente alle persone, anche tra quelle profondamente diverse tra loro”.

Successivamente fornisce anche qualche informazione sul nuovo album: “Osservo il mondo dal mio punto di vista attuale, fondamentalmente per raccontare a quelli della generazione di mio figlio il pensiero di uno che viene da un altro mondo. Si, perché raccontare com’era l’era pre-internet ai ragazzi di oggi, è un po’ come venire da un altro pianeta. Lo scopo non è quello di dire che la nostra è migliore della loro, semplicemente metterli al corrente del fatto che ci saranno sempre quelli della generazione prima che avranno da ridire. È un processo naturale. È successo anche a me quando ero ragazzo. Nella mia generazione ci siamo rifugiati nell’amicizia, nella solidarietà e nell’amore difficilmente raggiungibile. Tutto ciò l’ho sempre cercato di raccontare nei miei brani. Sono sicuro che anche la generazione di oggi avrà da raccontare e sarà sempre così nel corso della vita”. 

Il cantante nativo di Pavia riferisce il brano preferito della propria trentennale carriera, nonché uno stato d’animo tetro: “La canzone che rappresenta meglio il mio essere, è quella che ho scritto nel ’94 “Gli anni”, perché sento dentro la malinconia del tempo che passa, aspetto che ritrovo anche nel mio ultimo album. Ho la fobia del tempo che corre. La nostalgia della giovinezza, quando tutto era più facile, si avevano meno problemi e responsabilità e, pur nell’incertezza, sapevi di avere mille opzioni davanti. Poi cresci, fai un figlio e una famiglia, per cui le possibilità si restringono, non puoi più essere “libero”. Poi i genitori invecchiano e non hanno più la forza di quando eri ragazzotto, devi essere tu a prenderti cura di loro. Capisci che diventi il comandante della nave e vuoi o non vuoi devi caricarti tutto sulle spalle. Quindi non è nostalgia verso una precisa epoca, ma verso me stesso quando l’aria aveva un sapore diverso perché io ero diverso. Talvolta pensi “ma che bello sarebbe poter mollare tutto”, una reazione punk, e in realtà non lo puoi fare e non lo farai mai e non lo faresti mai, perché troppe persone, troppi sentimenti, troppe cose dipendono dal fatto che tu tenga la macchina al centro della strada”. 

Inoltre Max Pezzali ricorda con gioia 2 momenti della sua lunga carriera: “Era il 1998, piazza Duomo. Una folla incredibile di persone. In quel momento capii che stessi facendo qualcosa di buono che riunisse così tanta gente. Mi piace ricordare anche la conversazione con Edmondo Berselli, che capii delle cose che avevo fatto senza che nemmeno io lo sapessi. Un aneddoto che posso raccontare con orgoglio e fierezza a mio figlio”.