Martin Luther King il più celebre leader delle battaglie per i diritti civili dei neri negli Stati Uniti, fece il famoso discorso «I have a dream» al termine di una grandissima marcia di protesta a Washington, il 28 agosto 1963.
Lo fece davanti al Lincoln Memorial di Washington alla fine di una manifestazione per i diritti civili nota come la marcia su Washington per il lavoro e la libertà. In esso esprimeva la speranza che un giorno la popolazione afroamericana avrebbe goduto degli stessi diritti dei bianchi.
Questo discorso è sicuramente uno dei più famosi del ventesimo secolo ed è diventato simbolo della lotta contro il razzismo negli Stati Uniti.
Il discorso di Martin Luther King avvenne durante la presidenza di John Fitzgerald Kennedy.
Il “sogno” di Martin Luther King era quello di una società americana libera, democratica, ugualitaria, libera dai pregiudizi sulla popolazione di origine africana: nello storico discorso di Washington, che insieme a tutta la sua intensa attività di “resistenza pacifica” gli valse nel 1964 il Premio Nobel per la Pace, Luther King ripete la frase “I have a dream” ben otto volte, per esaltare l’immagine di un’America unificata nel nome dell’integrazione; ma a esser ripetute più e più volte vi sono anche “adesso è il momento” (con cui esorta gli Americani ad agire), “alcuni di voi sono venuti”, “tornate”, “potremo”, “liberi finalmente”, “che la libertà riecheggi”, “non potremo mai essere soddisfatti”.
“Io ho un sogno, che i miei quattro figli piccoli vivranno un giorno in una nazione dove non saranno giudicati per il colore della loro pelle, ma per ciò che la loro persona contiene. Io ho un sogno oggi!”.
Il discorso della marcia suWashington, noto come «I have a dream», ha avuto varie versioni differenti fra loro, scritte in diversi periodi.
Il testo finale è infatti il risultato dell’unione di varie bozze e prendeva il nome di «Normalcy, Never Again».
Fu solo durante l’orazione del discorso che King ebbe l’idea di focalizzarsi sulla frase «I have a dream», ispirato dalla cantante Mahalia Jackson che continuava ad urlargli «Parla del sogno, Martin!».