Nel panorama della canzone napoletana, la voce di Mario Abbate, insieme alla costellazione canora rappresenta da Sergio Bruni, Maria Paris fino a Roberto Murolo, ha rappresentato l’ultima grande parabola di un momento magico divenuto oggi, “tradizione” musicalmente parlando.
Una voce solida e tenue, toccando le corde del sentimento con eleganza, a cui non hanno resistito i nomi dell’ultima grande napoletanità come Nino Taranto, Salvatore Cafiero e il principe della risata Totò.
Pseudonimo di Salvatore Abbate, Mario nasce l’8 agosto 1927 nella Napoli agli albori del Ventennio, segnalandosi precocemente per le doti canore e successivamente per il carisma scenico, che lo porta dal cinema, al teatro e alla televisione, fino alla tradizione della “sceneggiata”.
A 9 anni è scelto dalla Incom per cantare la sigla di “Sosta d’eroi”, primo cortometraggio a colori italiano per poi approdare alla sceneggiata con la compagnia di Cafiero, fino alla scoperta nazionale sul magistero di Nino Taranto nel 1948.
Taranto, fiducioso nelle qualità artistiche di Mario Abbate decide di affidargli l’esecuzione di un classico della canzone napoletana, “Quanno tramonta il sole”, scritto dalla coppia Gambardella-Russo.
Intanto incide il primo disco per la piccola casa discografica Vis Radio, conseguendo un inaspettato successo a livello nazionale per poi varcare i confini d’oltralpe.
A far da eco al Taranto, sarà proprio Totò, che gli affida l’interpretazione del suo massimo successo, Malafemmena, eseguita per la Festa di Piedigrotta, successivamente per La Canzonetta, esordendo in casa di Mamma Rai vincendone il concorso.
E’ l’inizio di un iter crescente, che lo porta fino alla partecipazione del Festival di Napoli, manifestazione canora, che segnerà una delle sue partecipazioni cinematografiche nel secondo dopoguerra al fianco di Totò e Nino Manfredi con “Operazione San Gennaro”, diretto nel 1966 da Dino Risi.
Prima ancora aveva esordito sul grande schermo in uno delle prime pellicole della Commedia all’Italiana nascente, “Accadde al commissariato” del 1956, diretta da Giorgio Simonelli, in cui tra i vari episodi si ritrovano i must della prima stagione cinematografica del secondo Novecento italiano come Walter Chiari, Alberto Sordi, Mario Riva e naturalmente Taranto.
Oltre al festiva della canzone napoletana, anche Sanremo si accorge del suo talento, con le richieste di tournée negli Usa, ove fu premiato al Carnage Hall of New York dal sindaco Robert F. Wagner jr.
Tale successo in questo periodo è correlato ad uno dei massimi successi interpretati da Mario Abbate, “Indifferentemente”, portata al Festival di Napoli con Mario Trevi nel 1963, si aggiudicò il secondo posto, ma con un seguito di pubblico sorprendente.
Indifferentemente aveva tutte le carte in merito per esser la perla e il lancio della musica napoletana nel mondo, al punto da esser declinata in chiave orchestrale e jazz.
Il tema di amore e perdita, l’arrangiamento ascendente che preme sulle corde del pathos, le immagini del veleno, il binomio amore e separazione posto nella coppia di innamorati, si correla alla grande poesia dialettale immortalata dalla penna del Di Giacomo e di Russo.
La canzone, scritta dalla coppia Mazzocco-Martucci, riuscì a metter in moto un maggior interesse verso la canzone napoletana, al punto da essere reinterpretata da innumerevoli voci del panorama partenopeo, come Sergio Bruni, Maria Paris, ma anche dal “reuccio” Claudio Villa, la “tigre di Cremona” Mina fino al re della sceneggiata Mario Merola.