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Manovra bocciata: UE vaglia la procedura di deficit

La manovra economica dell’Italia, presentata nei giorni scorsi alla Commissione Europea a Bruxelles, ha subito una nuova bocciatura, definitiva questa volta. Proprio non convince il piano con cui il governo Conte sta approcciando alla propria legge sul bilancio.

“Sconsiderata e pericolosa” la definizione data della suddetta manovra da parte del vice-presidente della Commissione Europea, ex primo ministro lettone, Vladis Dombrovskis . Parole che senza dubbio incutono timore nei risparmiatori italiani e nell’animo di coloro che eventualmente vorrebbero investire nel nostro Paese.

“Vediamo il rischio di un paese che scivola come un sonnambulo verso l’instabilità” ,afferma Dombrovskis il quale, al pari di Juncker, nonostante l’ennesimo flop sulla manovra non ha intenzione di chiudere il dialogo con il premier Conte e il suo governo per trovare una soluzione che risulti la meno drastica per il nostro Paese. A dimostrazione di ciò Juncker e il ministro dell’Economia e delle Finanze Giovanni Tria discuteranno a tavolino sia dei motivi che hanno spinto fin qui l’Italia nel rimaner ferma nelle proprie convinzioni sia sul probabile avvio della procedura di deficit eccessivo, già al vaglio dei maggiori organismi dell’UE qualora l’Italia decidesse di non fare marcia indietro e persistere su questa manovra.

Si tratterebbe della prima procedura d’infrazione per deficit a cui potrebbero sommarsi  sanzioni dell’euro-zona, fatto che oramai pare la conclusione inevitabile della “scellerata politica economica italiana”, come denuncia la politica italiana Beatrice Lorenzin.

Pierre Moscovici, Commissario europeo degli affari economici e monetari, rincara la dose dichiarando che “l’Italia non è solo un pericolo per sé stessa e i propri contribuenti ma lo rappresenta anche per gli altri paesi dell’Unione”.

L’unico fattore che al momento separa l’Italia dall’ufficializzazione delle procedure di deficit è rappresentato dal parere degli altri stati membri i quali, dietro votazione in Parlamento Europeo, decreteranno se le conclusioni a cui sono giunti Juncker, Dombrovskis e Moscovici siano valide per la maggioranza dei paesi dell’euro-zona, delineando in tal modo il nostro destino.

L’avvio del provvedimento sul deficit si configura a causa principalmente del mancato rispetto delle regole di bilancio, specialmente quelle previste dalle raccomandazioni Ecofin (consiglio di Economia e Finanza) che obbligavano l’Italia a migliorare il proprio Pil dello 0,6% entro fine ottobre, quota non affatto raggiunta. A ciò bisogna addizionare altri  dati che emergono preponderanti ossia quelli inerenti al debito pubblico, che al momento è pari al 131% del Pil nazionale, una cifra uguale a circa 2.300 miliardi di euro e seppur lo spread sia calato a circa 315 punti base , l’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) non fornisce pareri incoraggianti. Infatti in Italia la crescita si è rallentata e i risultati sono inferiori agli obiettivi prefissati dal governo: l’anno prossimo miglioreremo solo del 0,9 %.

La procedura d’infrazione senza sanzioni è stata spesso utilizzata dall’UE per vincolare gli stati membri al rispetto delle normative europee sui bilanci economici (solo Estonia e Svezia sono rimaste esenti), tant’è vero che dopo settimane o mesi dalla “minaccia” tutti i paesi colpiti dal provvedimento (pendente tutt’oggi esclusivamente sulla Spagna) hanno fatto dietrofront circa i propri atteggiamenti sul mercato, possibilità che fino alla fine verrà garantita all’Italia.

La procedura d’infrazione danneggerebbe l’Italia al di là del lunghissimo iter per giungere alle sanzioni. La sfiducia di risparmiatori e degli investitori faranno sì da ridurre sensibilmente il Pil a fine 2019 e proprio in quel periodo gli italiani rischiano di dover cominciare pagare più di mille euro pro-capite esclusivamente per sanare gli interessi della BCE nei nostri confronti.