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Feste condivise?


È stato un Natale come il Signore comanda, con nell’aria i lustrini immaginari (si avvertono, non si vedono), le luci nelle strade famose e le vetrine dei negozi che sfavillano; i bar pieni zeppi e le vie, tra le quali si fa fatica a farsi largo, animate dall’allegro chiacchiericcio dei passeggianti. Così come quello dei grandi centri commerciali, dentro ai quali ci sentiamo tutti un poco attori protagonisti della nostra vita, la stessa che spesso ci vede come comparse e invece nell’ occasione ci ringalluzzisce, ci rianima e ci serve a portata di braccia i “clothes” alla moda e le leccornie in perfetto stile “american food” . Un Natale come manna dal cielo per coloro che si preparano ad accogliere la squisita rivoluzione del “5G” e che, per farlo si allenano a rincorrere le ultime produzioni delle multinazionali high-tech che dovranno scortarli all’appuntamento imminente con il futuro. È stata una festa per i grandi brand, le compagnie telefoniche, i commercianti dalle spalle larghe, che parlano della crisi come il nemico invisibile che con il tempo potrà prosciugare le “mammelle della vacca” mentre incassano cifre “blu”; allo stesso tempo, è  stata la festa delle piccole imprese, dei piccoli artigiani che hanno visto gli incassi della settimana di Natale non crescere di un centesimo rispetto a quelle, del resto dell’anno; quelli che hanno chiuso la propria attività oppure ce l’hanno ancora aperta in alcune zone del centro, abbandonate a se stesse,  o per coloro che lavorano nei meandri della periferia dove il buio regna sovrano. In quei posti la crisi ha prosciugato le mammelle della vacca già da un bel po di tempo e le persone, non tutte, ma una buona parte, attendono il prossimo anno, non per l’avvento delle nuove frontiere Internet, ma con la preoccupazione legata agli odiosi dubbi legati ai destini dei propri esercizi, in zone dove la concorrenza  con le imprese axtracomunitarie, molte delle quali non in regola con il fisco, si è fatta spietata e vede aumentare il “gap” anno dopo anno. Di sicuro, può essere giusto aiutare l’inserimento degli stranieri e la realizzazione dei loro progetti, ma perchè non si offrono facilitazioni anche agli italiani, in questa sorta di discriminazione al contrario, che penalizza i cittadini di questo paese. Bella la legge che consente ad un immigrato, tra i 18 e i 30 anni, che vuole aprire una attività imprenditoriale, di godere di 10 mila euro, a fondo perduto e più in generale, avvantaggiarsi con sostanziose agevolazioni fiscali in base all’art. 14 della legge 266 del 1997; ma perchè tutto questo lo si fa solo per i nostri amici stranieri?