Del Caravaggio a Napoli abbiamo testimonianze del suo genio rivoluzionario in tele strabilianti come Le sette opere di Misericordia, La flagellazione di Cristo e in ultimo, non per prestigio, Martirio di Sant’Orsola.
Di questa fase vivace e ricca ancora di chiaroscuri come l’intera trama artistica oltre che biografica, vi è un’opera che a distanza di circa sessant’anni ancora ha avuto esito e riguarda La negazione di Pietro, pianta stabile al museo a stelle e strisce del Met – Metropolitan Museum di New York-.
Incerta la documentazione attestante la paternità, come altre opere anche, attribuite a posteriori al Caravaggio, ceduta per debiti al pittore bolognese nel 1613 e presente fino al secolo scorso nella collezione della famiglia Savelli, fino all’acquisto da parte del notabile napoletano Vincenzo Imparato Caracciolo tra gli anni 40′ e 50′.
Successivamente la storia si infittisce creando numerose ricostruzioni da parte dei vari storici ed esperti del Caravaggio, come Roberto Borghi che pone l’opera venduta dai Caracciolo al restauratore svizzero Ian Dik negli anni 70′, passando poi al mercato d’arte fino all’acquisto nel 1997 del Met di New York dalla collezione di Hermann Shickman.
Eppure le dinamiche sono ancora oscure.
Su come sia potuto uscire dall’Italia, dove fino agli anni 60′ presente nel capoluogo campano, ha suscitato anche l’indignazione da parte di personalità come Vittorio Sgarbi che denunciò l’accaduto e lo sminuire del gesto sia la storiografia dell’arte Usa sia il curatore della pittura europea del Met Keith Christiansen.
Negli ultimi tempi a richiamare l’attenzione sull’opera definita segno della maturità e dell’apice della pittura del Caravaggio e della tecnica del chiaroscuro, stimata dal valore di oltre 150 mln di dollari, è stata la senatrice M5S Margherita Corrado, la quale portato in Parlamento la pubblica richiesta di restituzione del dipinto, vagliando la vicenda e ricordando anche il comportamento ostile nelle varie mostre nella penisola italiana sul genio bergamasco.