Nella notte del 20 giugno 1791, il re di Francia Luigi XVI, si allontana di nascosto da Parigi travestito da servo, con a seguito la regina Maria Antonietta ed figli, nel tentativo di raggiungere la piazzaforte monarchica di Montmédy. Dopo un giorno di viaggio, la sera del 21 giugno, a Varennes, il sovrano fu smascherato e costretto ad interrompere il viaggio. Successivamente lui e la sua famiglia vennero riaccompagnati a Parigi.
La tentata fuga di Luigi XVI rappresentò un punto di svolta per la Rivoluzione francese ed ebbe conseguenze significative per la storia della Francia.
Pianificazione della fuga di Luigi XVI
Nel corso dei primi mesi della rivoluzione, Luigi XVI era piuttosto popolare tra i sudditi, e pareva appoggiare il lavoro dell’Assemblea nazionale. Tutti erano abbastanza persuasi che stesse operando principalmente nell’interesse nazionale e non della monarchia.
Il piano di fuga venne architettato a partire dalla fine del 1790, ma furono alcuni eventi scatenanti a convincere definitivamente re Luigi XVI ad attuarlo: la morte del conte di Mirabeau, esponente moderato in relazione segreta con la corte; e gli avvenimenti del 18 aprile 1791, in occasione dei quali una folla minacciosa impedì ai reali di lasciare il palazzo delle Tuileries per recarsi al castello di Saint-Cloud a celebrare la pasqua.
Considerati i fatti, Luigi XVI autorizzò il proprio entourage e quello della regina Maria Antonietta ad organizzare nei minimi dettagli la fuga. Tra gli organizzatori del piano figuravano: il conte svedese Hans Alex de Fersen, l’amministratore del tesoro reale Joseph Duruey, il vescovo di Pamiers Joseph-Mathieu d’Agoult, il generale De Bouillè e il barone di Breteuil.
Il disegno consisteva nel raggiungere la piazzaforte monarchica di Montmédy, da dove Luigi XVI avrebbe successivamente potuto guidare la controrivoluzione. Il convoglio dei fuggitivi venne fatto passare per quello della baronessa di Korff, vedova di un colonnello russo che si stava recando a Francoforte con due bambini, una governante, un maggiordomo e tre domestici.
20 Giugno 1791: la fuga a Varennes di Luigi XVI
Alle ore 22:30 del 20 giugno 1791 fu messo in atto il piano di fuga della famiglia reale. Il gruppo dei latitanti era composto da: Luigi XVI, Maria Antonietta, i due principini, la governante Louise Elisabeth de Croy, Madame Elisabeth sorella del re e tre domestici.
Ad aiutare il gruppo ad abbandonare il palazzo fu il conte di Fersen e prima di uscire dalla residenza, Luigi XVI lasciò nella sua camera un testo di 16 pagine scritto di suo pugno, intitolato “Dichiarazione a tutti i Francesi“. Con tale documento giustificava la sua partenza da Parigi:
“Francesi, e soprattutto voi Parigini, abitanti di una città che gli antenati di Sua Maestà si sono compiaciuti di chiamare la buona città di Parigi, diffidate dei suggestioni e delle menzogne dei vostri falsi amici, tornate al vostro Re, egli sarà sempre il vostro padre, il vostro migliore amico.
Che piacere che avrebbe di dimenticare tutte queste ingiurie personali e di ritrovarsi in mezzo a voi quando una Costituzione che egli avrà accettato liberamente farà sì che la nostra santa religione sia rispettata, che il governo sia stabilizzato in modo solido e utile, che i beni e lo stato di ciascuno non siano più turbati, che le leggi non siano più violate impunemente, e infine che la libertà sia posta su basi ferme e solide. A Parigi, li 20 giugno 1791, Luigi”.
Dopo un giorno di viaggio i fuggiaschi giunsero a Varennes, nel nord-est della Francia.
Qui, un mastro di stazione, Drouet, fu in grado di smascherare la vera identità di Luigi XVI. Le autorità locali, incredule di trovarsi di fronte il proprio sovrano, allestirono un alloggio per la famiglia reale in una locanda, ed a seguito di una nottata insonne decretarono di interromperne il viaggio.
Fuga a Varennes, le conseguenze
I parigini rimasero increduli e sgomenti quando appresero la notizia; per la società rappresentò un vero e proprio trauma, poiché si disintegrò improvvisamente l’integrità della figura centrale del nuovo apparato statale, il garante degli equilibri di potere. La delusione ed i malanimi si diffusero presto in tutto il paese.
L’Assemblea nazionale cercò disperatamente di rimediare all’accaduto, diffondendo la falsa notizia che il re, in realtà, fosse stato rapito da agenti controrivoluzionari. Una menzogna grossolana alla quale nessuno credette.
Quando la berlina di Luigi XVI fece nuovamente ingresso nella capitale, trovò ad accoglierla una folla enorme e silenziosa. Gli uomini, al passaggio della carrozza, non sollevarono il cappello dalla testa.
Poco prima, infatti, venne diramato un ordine perentorio che citava così: “Chi acclamerà il re sarà bastonato; chi lo insulterà sarà impiccato”.
Luigi XVI, però, non perse la calma e rimase impassibile, uno dei commissari che lo scortavano annotò quanto segue: “Egli era flemmatico e tranquillo come se nulla fosse stato; sembrava che tornasse da una partita di caccia”.