L’insegnamento, quelle importanti, si apprendono nel corso della vita e spesso in eventi che non ci si aspetta. Questo è il caso delle Olimpiadi di Tokyo concluse l’otto agosto, le quali sono state protagoniste di un mix di emozioni che si dividevano tra ansia e voglia di ricominciare dopo mesi di dubbi.
Ecco l’insegnamento di vita che abbiamo imparato.
- Simone Biles: “Non bisogna avere paura della paura”.
L’insegnamento più importante ce l’ha dato lei, la campionessa di ginnastica artistica Simone Biles, la quale si è preparata duramente per queste Olimpiadi, ma ad un certo punto ha avuto il coraggio di fermarsi.
Perché ci vuole tanto coraggio a diventare campioni, ma ce ne vuole ancor di più a rendersi conto che si ha un problema psicologico. Infatti, l’atleta è andata in tilt, non se l’è sentita di continuare per un suo blocco mentale.
Non riusciva a far comunicare il corpo con la mente, impedendole di eseguire un movimento che dovrebbe essere “automatico”. In un video di Instagram, la ginnasta spiega che alle parallele, dopo un volteggio perfetto, invece di atterrare in piedi crolla sulla schiena. È questo il motivo del suo stop.
È stata sostituita, quindi durante l’all around a squadre per non penalizzare le compagne che hanno vinto un argento, ha rinunciato a tutte le gare individuali. Quindi, la campionessa Olimpica Simone Biles ci insegna che la paura è umana e non è mai sbagliato fermarsi.
2. Tom Daley, sferruzza demolendo gli stereotipi.
Tom Daley, il campione olimpico di tuffi, oro nella piattaforma da dieci metri, ha l’hobby della maglia e a Tokyo 2020 è diventato una star perché aveva ferro e filo tribuna.
L’atleta britannico ha spiegato di aver scoperto questa passione anti stress durante il lockdown e di non averla più abbandonata.
I due atleti sono l’esempio che anche nelle massime competizioni c’è sportività e vince l’amicizia.
In un vecchio video, la tredicenne campionessa di skateboard, vincitrice di una medaglia d’argento, aveva un costume da fata e da allora la chiamano “Fatina“.
Ma alla ragazzina quell’appellativo proprio non va giù, sostenendo che anche lei ha un nome e un cognome e che deve essere usato un linguaggio appropriato quando ci si rivolge ad una donna.
La campionessa dice che nel mondo dello skate (come tanti altri) ci sono solo maschi e le ragazze hanno paura di essere prese in giro, perciò non partecipano.