Riceviamo e pubblichiamo
Lo scrivente, da sempre impegnato nella tutela dei diritti dei colleghi, mediante una errata rappresentazione dei fatti, è stato tacciato dal Segretario Generale della U.P.L. Sicurezza di aver gestito “l’organizzazione in completa autonomia… quasi come se il sindacato fosse cosa propria e non patrimonio degli iscritti”. E’ bene, di tale affermazione, che si vorrebbe far passare come una critica, lo scrivente è profondamente orgoglioso perché se come Segreteria U.P.L. Sicurezza Napoli redigere e sottoscrivere oltre 70 comunicati, di cui 20 indirizzati agli organi di stampa, contro – come si asserisce – “l’amministrazione.. alcuni dirigenti iscritti ad altre OO.SS… cariche istituzionali regionali”, per segnalare e denunciare situazioni non condivise dal Sindacato e/o che si ritiene ledano o possano ledere i diritti della categoria, significa intendere il sindacato come “cosa propria”, sono ben lieto di averlo fatto e di aver interpretato attivamente e fattivamente il mio ruolo di Segretario Generale U.P.L. Napoli. Desta altresì meraviglia che tali comunicati vengano, solo oggi, dopo le mie dimissioni, definiti dal Segretario Generale “inutili” perché se realmente così fosse, lo stesso Segretario Generale sarebbe certo intervenuto prima e oggi (impegnato in questioni di certo più importanti della mia) non li ricorderebbe né li menzionerebbe. Forse, allora, “inutili” non sono stati e, seppure così fosse, era mio dovere, per la carica ricoperta, farli. Le battaglie sindacali si fanno non perché si è certi di vincerle ma perché, se si ritengono giuste, è doveroso farle!!
Quanto alla “camaleontica visione politico sindacale” dello scrivente, lungi dal voler fare sterili polemiche, è forse appena il caso di ricordare che lo scrivente ha sempre mantenuto fermi i propri principi e la propria autonomia di azione interpretando l’agire sindacale come un preciso dovere di tutela degli iscritti e della categoria. Se dunque oggi muta sigla sindacale di appartenenza ciò fa non per una “camaleontica visione politico sindacale” ma solo al fine di vedere a sé riconosciuta, pur nel rispetto degli ulteriori organi statutari di appartenenza, quell’autonomia e quella libertà di azione che sempre deve essere sussistere in capo a una organizzazione sindacale. Per converso, all’autore di tale critica, va forse ricordata l’origine della ex U.I.L. Sicurezza, disconosciuta dalla U.I.L., e per tale via, mutato il logo e l’acronimo, divenuta U.P.L. Sicurezza.
Occorre guardare alla sostanza e non alla forma. Questa è la verità.
Scrivere che il sottoscritto “in soli quattro mesi… ha richiesto e usufruito di
1150 ore di permesso sindacale sulle 1000 che gli spettavano per tutto l’anno”
significa infatti e ancora una volta confondere la forma con la sostanza. La “critica”
(giacché tale vorrebbe essere) giungerebbe al punto e conseguirebbe lo scopo se
quelle 1150 ore di cui ha effettivamente fruito lo scrivente fossero andate disperse o
impiegate inutilmente, ma se invece – come è – lo scrivente ha investito ogni minuto
e ogni secondo di quelle ore, come ben noto al Segretario Nazionale, per le attività
sindacali è evidente che non si guarda alla sostanza!! Sia allora consentito dire che le
ore profuse all’attività sindacale da parte di chi scrive (e come noto agli oltre 300
iscritti che lo stesso ha fatto confluire nella U.P.L. Sicurezza e che lo riescono a
reperire in ogni giorno e ogni ora della settimana) vanno ben oltre le 1150 di
permesso sindacale. Si ritiene doveroso osservare che lo scrivente era in cumulo
sindacale (150 ore mensili) e come da accordi tra le parti, le ore del predetto cumulo
sarebbero state a carico del Nazionale. Prendo atto che così non era.
Quanto al monito che le quote sindacali sono al 50 per cento tra il nazionale e
il provinciale (altra affermazione che vorrebbe ledere la mia persona), caro signor
Lanzilli stai sereno perché lo statuto e i regolamenti sono stati letti dallo scrivente
prima di aderire, non dopo.
Per quanto riguarda i 700 iscritti, che dalla vecchia organizzazione sindacale
di appartenenza dello scrivente sarebbero dovuti transitare in quella organizzazione, è
una immensa falsità e le quote al 100%, mai prese, è un meccanismo non
condivisibile e non accettabile. Respingo al mittente, evidentemente un altro
meccanismo noto a chi lo menziona ma non a me, facendo correre il rischio, con
queste menzogne, di allontanare ancor di più la categoria dal sindacato, più di quanto
lo sia già.
Fatte queste limitate premesse e non volendo aderire a ulteriori polemiche
divisive della categoria, occorre ribadire che la scelta di ritornare sotto la protezione
della Confederazione non risponde – come pure scritto – a logiche di “poltrona”, ma
alla precisa volontà di ritornare sulla strada maestra dalla quale si è partiti e nella
quale si crede. Prova evidente è che non si è mai cambiato sindacato. Mai!!!